L'Italia Mensile

Discorso Intorno L’Arte…

Il grande stile… il bello come “finalità etica” dell’arte… e dello Stato Nazionale… contro la degenerazione della modernità…

di Nicola Trisciuoglio

L’arte nelle concezioni dei grandi pensatori è descritta come un fenomeno di conoscenza (Aristotele) ovvero contestualmente come un fenomeno di godimento-piacere (Platone).

L’arte in una visione etica assume anche il ruolo di elemento costitutivo di una civiltà…

Secondo la filosofia idealistica di Hegel, lo spirito assoluto si articola in tre momenti… l’arte, la religione e la filosofia con questo assumendosi l’arte come principio cardine di società etiche che fondino il proprio radicamento su valori indissolubili nel tempo.

L’arte nella nostra idea è il momento in cui l’assoluto viene colto in forma immediata, attraverso l’intuizione sensibile.

L’arte, in effetti, trasporta l’essere in un mondo che svela le realtà proprie – ma spesso celate – della vita… rivelando, così, l’uomo in tutti i suoi contrasti, positivi e negativi… esprimendo, comunque, una idea ed una visione dell’uomo stesso e del mondo…

L’artista possiede “forse” uno spirito profetico…

“Il pittore è pittore, perché vede ciò che altri solo sentono o intravedono, ma non vedono”… scrisse il Croce.

L’arte, dunque, tenta di creare mondi nuovi o perfetti nei quali la realtà naturale e culturale viene riletta in una prospettiva superiore tendente alla perfezione avvicinandosi alle forme divine…

Il mondo della fede, della religione e, più generalmente, dello spirito e la stessa civiltà dei popoli possono entrare – e di fatto entrano – nella creazione artistica.

Se è vero che l’arte è un’espressione della bellezza, si deve pur riconoscere che anche il brutto spesso e in particolare nell’epoca di questa modernità degenerata, entra nel campo estetico, così come il male entra nel campo etico, nel tentativo non certo più celato di compiere una deformazione di quello che nel bello dell’arte noi vediamo e valutiamo come valori assoluti etici ed estetici.

Tuttavia, se sul piano etico è possibile, seppur non sempre facile, delineare razionalmente una morale del bene e del male, come possiamo definire il bello e il brutto nell’arte?

In base a quali parametri, criteri e modelli dobbiamo giudicare un’opera d’arte?

Sappiamo bene, infatti, che l’arte – in astratto – è dominata dalla soggettività, dal talento o dallo pseudotalento e dalla capacità o dalle finta capacità dell’artista, dall’intuizione e dall’interpretazione del genio, dal rapimento dei sensi e dall’ebbrezza del creatore.

Non è facile, pertanto, definire il bello ed il brutto… poiché ciò che all’uno parrà bello, ad altri sembrerà brutto… sino a quando non ci sarà un popolo educato a cogliere culturalmente e intellettualmente il vero significato del bello e dell’etica che è estetica… e non potrebbe essere altrimenti, date le diverse sensibilità e la naturale disuguaglianza tra gli uomini… ma a questa generica e superficiale scontata interpretazione… va contrapposta una metrica che porti il gusto verso l’oggettivamente bello svelando il male che è intrinseco al brutto e ad ogni forma di arte degenerata…

Pertanto, il brutto c’è, esiste e va svelato e ferocemente combattuto al fine ultimo della sua disintegrazione totale.

Secondo il Croce si può esprimere un parere artistico soltanto ripercorrendo e rivivendo interiormente il processo spirituale compiuto dall’artista, servendosi del segno fisico, ossia dell’opera che questi ha lasciato.

Il “gusto” s’identifica, così, nel “genio”…

Per giudicare un artista – ove per artista s’intende sempre e comunque un individuo dotato di stile, talento e creatività e non un ciarlatano qualunque – bisogna, dunque, elevarsi alla sua altezza, fare tutt’uno con lui.

Sulla linea del Croce, ma con alcune importanti differenze anche noi rivendichiamo una certa autonomia dell’arte… essa – nel pensiero del filosofo di Pescasseroli – quale fenomeno di conoscenza intuitiva e lirica, non può essere valutata secondo le categorie del vero, dell’utile, del piacevole (giacché il bello coincide con l'”espressione riuscita”) o del moralmente buono.

L’arte – affermò giustamente il Croce – può rappresentare contenuti che dal punto di vista morale sono riprovevoli, ma non perciò essa è moralmente riprovevole.

Per quel che a noi interessa, ci si chiede se l’arte trovi il proprio fine unicamente in sé stessa (Croce) o se possano anche venirle affidati compiti di istruzione o di educazione morale o politica (Sironi, von Schirach).

Con questo interrogativo di certo il discorso intorno l’arte si fa molto delicato e assai complesso.

Ma il compito di un Movimento è anche quello di ipotizzare in una rinnovata visione della società e della civiltà del domani i canoni delle forme di un arte che non può non fungere – assumendo un proprio ruolo specifico di guida anche interpretativa – da orientamento delle comunità di popolo per non abbandonare alla indifferenziazione il gusto della massa

Se da un lato, infatti, ci pare giusto separare il genuino processo artistico dalla politica e dalla morale (affermando, dunque, l’autonomia dell’artista e del prodotto artistico) dall’altro non si può disconoscere e relativizzare il ruolo che l’arte riveste nei processi formativi socio-politici di uno stato.

In uno stato “IDEALE” quello dell’UOMO NUOVO l’arte viene ad avere una funzione educatrice.

Essa deve produrre l’etica del tempo.

Deve dare unità di stile e grandezza di linee al vivere comune.

L’arte così tornerà a essere quello che fu nei suoi periodi più alti e in seno alle più alte civiltà… un perfetto strumento di governo spirituale.

La concezione individuale nella nostra visione dell’arte per l’arte… è superata.

Deriva di qui una profonda incompatibilità tra i fini che l’Arte si propone, e tutte quelle forme d’arte che nascono dall’arbitrio, dalla singolarizzazione, dall’estetica particolare di un gruppo, di un cenacolo, di un’accademia.

La grande inquietudine che turba tuttora l’arte europea, è il prodotto di epoche spirituali in decomposizione.

La pittura moderna, dopo anni e anni di esercitazioni tecnicistiche e di minuziose introspezioni dei fenomeni naturalistici di origine nordica, sente oggi il bisogno di una sintesi spirituale superiore. L’Arte quella etica e pura, l’arte autentica rinnega le ricerche, gli esperimenti, gli assaggi di cui tanto prolifico è stato il secolo scorso.

Rinnega soprattutto i “postumi” di certi blasfemi esperimenti, che malauguratamente si sono prolungati fino al nostro tempo.

Benché vari in apparenza e spesso divergenti, questi esperimenti derivano tutti da quella comune materialistica concezione della vita che è la caratteristica del secolo caratterizzato dalle decadenze democratiche.

L’arte non trova fondamento nel tempo, ma unicamente nei popoli.

L’artista perciò non deve innalzare un monumento al suo tempo, ma al suo popolo.

Perché il tempo è qualcosa di mutevole, gli anni sopravvengono e passano.

Fintanto che un popolo esiste, è esso il polo fisso in mezzo al divenire dei fenomeni.

L’arte deve legarsi al popolo ed allo stato, deve sfidare il tempo per fissarsi nell’eternità… così solo essa rappresenterà un mondo di figure archetipiche, libere dal contingente, in un ambiente naturale che riporti alla mente il suolo d’origine, la campagna, la purezza del sangue, la tradizione, il lavoro e l’eroismo in guerra e in pace.

L’ideale classico della bellezza va inteso come perfezione armonica e solare di forme e proporzioni nelle quali si rispecchia il popolo al di fuori del contingente per assumere forme di divino, così che anche il nudo, nella sua valenza mitica, perdendo il blasfemo marchio che gli ha impresso la modernità, si eleverà ad una dimensione eterna e trascendente.


Occorre necessariamente un recupero del “grande stile” dedito all’opera etica collettiva… c’è posto per il talento e la creatività ma a patto che queste qualità imprescindibili servano la nazione e procedano di pari passo con l’Idea di un Mondo Nuovo ancorato all’eternità della Tradizione.

In definitiva, ci sembra saggio affermare che l’arte non può relegarsi al solo ambito individualistico ed egocentrico ma deve, anzitutto, operare per la civiltà, lo spirito e la nazione.


Qui, a prevenire ogni equivoco, sarà però bene mettere in evidenza che la condizione opposta, da giudicare normale e creativa, non è quella di una cultura al servigio dello Stato e della politica (della politica, sempre nel senso degradato moderno) ma è quella in cui un’unica idea, il simbolo elementare e centrale di una data civiltà, manifesta la sua forza ed esercita un’azione parallela congeniale, spesso invisibile, sia sul piano politico – con tutti i valori, per nulla solo materiali, che dovrebbe riferirvisi in ogni vero Stato – sia su quello del pensiero, della cultura e delle arti… il che esclude ogni scissione o antagonismo principale fra i due domini, come pure ogni bisogno di intromissioni estrinseche.

Appunto perché non esiste più una civiltà di tipo organico oggi sembra quasi fatale l’alternativa – in sé falsa e deleteria – di un’arte e di una cultura neutre ovvero asservite a forze politiche pure e semplici, degradate, come nelle democrazie massificatrici.

In ogni caso, avvertiamo la necessità di condannare e, possibilmente abbattere, gli orrori e le blasfemie dell’arte moderna, contemporanea e post-moderna… ivi troviamo, per davvero, il “brutto”, l’abominio che aggredisce il talento e il “genio” tradizionale, sopravvissuto – in buona parte – sino al Novecento, secolo in cui già si intravide – seppur in misura lieve e piuttosto tollerabile – una deformazione dello stile.

Proviamo per un attimo a liberarci di tutti quei luoghi comuni sull’arte e compariamo, ad esempio, nel periodo del Novecento, la “Bäuerliche Venus” (1939) di Sepp Hilz con la “Marie Therese” (1937) di Pablo Picasso e la “Young virgin” (1954) di Salvador Dalì o, anche, “Il giudizio di Paride” di Adolf Ziegler con “Les Demoiselles d’Avignon” (1907) dello stesso Picasso.

Non v’è confronto, crediamo, tanto ampio è l’abisso che separa, nel caso in esame, lo stile di un arte “oltre” il tempo da quello moderno e degenerato.

Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta, appunto, di stili differenti, di personalità artistiche diverse, di concezioni distanti tra esse e per questo non opportunamente comparabili.

Si badi però… non si discute dell’effettiva abilità e genialità dei tipi in questione ma della aderenza o meno delle loro opere al “grande stile” oltre il tempo che viaggia verso l’eternità.

 
La borghesia materialista moderna vive l’arte nella dimensione della vanità, della valutazione economica e del gusto bizzarro ed eclettico… la borghesia materialistica che governa il nostro tempo ignora lo stile, il realismo e la tradizione e difende il “brutto” spacciandolo per “bello” ed “originale”.

Noi ci opponiamo a questa visione deleteria rimarcando l’aderenza all’arte dei grandi tempi che furono.

Risiede in queste idee, dunque, il nostro rispetto della individualità nell’opera d’arte… non può concepirsi una grande opera se non in comunione con lo stile e lo spirito che animò la civiltà europea e l’arte nei secoli precedenti questo secolo attuale sconvolto dalla degenerazione della decadenza…

Il “brutto” è prodotto moderno, è frutto della decadenza della modernità… lo sgorbio, l’orribile, appartiene a “questo tempo” e non a “noi”… spiritualmente legati ad un passato tradizionale ed eterno perché “tradizionale”…

Basti visitare, come “noi” cultori del “bello” facciamo, la Galleria degli Uffizi in Firenze per ammirare opere d’arte cui davvero può attribuirsi l’aggettivo di “superiori”… ai nomi di Giotto, Simone Martini, Piero della Francesca, Beato Angelico, Filippo Lippi, Botticelli, Mantegna, Correggio, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Caravaggio, Dürer, Rembrandt, Rubens – tanto per citarne alcuni – è d’obbligo inchinarsi e fermarsi come per incanto.

Desideriamo, pertanto, riflettere e far riflettere riguardo le concrete e paurose possibilità che la decadenza… nel caso specifico, “artistica”… offre pericolosamente ad un ben determinato “tipo umano differenziato” debole più che mai nella desertificazione culturale della modernità…

La decadenza difatti postula esempi negativi di società… la esaltazione della bruttura e di ciò che è storpio o brutto imposto secondo il volere di lobby culturali divenute egemoni afferma culturalmente ed intellettualmente sempre più la deformazione di ciò che invece discende dall’ordine naturale.

Alcune forme di pseudo arte presentano decisamente elementi dissolutivi… le atmosfere di una libertà anarchica o astratta divengono elementi costitutivi di un ordine sociale teso alla distorsione di tutto ciò che è estetico e bello e, conseguentemente, tendente al puro ed al divino, contrapponendosi la materialità allo spirito, esaltandosi l’orribile spettacolo già offerto dall’arte borghese di ieri.

Abbiamo espresso bozze di pensiero discorrendo intorno all’arte ed alla sua funzione nella nostra idea del mondo… riguardo, specificamente, la funzione sociale dell’arte nello stato-idea che profetizziamo e alla cui affermazione nella forma dello Stato Nazione Noi aneliamo.

La via della politica e della idea politica non può assolutamente prescindere da una concezione dell’arte che assuma la funzione ed il ruolo di guida propulsiva per l’affermazione dell’estetica come forma di bello esemplificativa del buono che deve caratterizzare le azioni ed i comportamenti degli uomini…

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