di Antonella Ricciardi
Nel seguente dialogo, l’avvocato Monica Moschioni, specializzata sulle modalità di esecuzione della pena, ed in particolare altamente competente per la salvaguardia della salute dei detenuti, si esprime sul caso di Michele Pepe: morto in detenzione durante un trasferimento da un carcere ad altro. Al riguardo, è aperto un processo penale, per possibili negligenze di un medico di guardia, che non doveva autorizzare un trasferimento su un veicolo non abbastanza attrezzato per la salute dello stesso Michele Pepe, già compromesse da anni di grave malattia: questa la tesi della parte civile, rappresentata da Monica Moschioni, un tempo legale per la difesa dello stesso Michele Pepe. Condannato per camorra ad una pena di vari decenni di detenzione, un tempo al 41 bis, poi in Alta Sicurezza, Michele Pepe era infatti in condizioni drammatiche riguardo la salute fisica e psicologica, ed in passato aveva tentato il suicidio. Pur non essendo stato condannato all’ergastolo, temeva in effetti di non uscire vivo dal carcere, ed era più un paziente che un detenuto. Nella testimonianza riportata, lo sguardo poi si allarga a situazioni più generali: dal sì ai colloqui in privato, anche potenzialmente intimi, per i detenuti dei regimi detentivi meno restrittivi, da parte della Corte Costituzionale, al sì ai colloqui senza l’obbligo di vetro divisorio con minori maggiori di 12 e 14 anni, al 41 bis, ancora una volta da parte della Consulta; in quei casi, infatti, il confine tra misure di sicurezza e disumanità si perdeva, data la non necessità di tale impossibilità di contatto fisico, poiché i colloqui venivano già video-registrati ed erano preceduti da perquisizioni. Un altro passo avanti è stato il sì a colloqui con video-telefonate Skype anche al 41 bis, quando vi fossero problemi per i colloqui in presenza. Riguardo i colloqui intimi, invece, il Parlamento dovrà formulare una precisa legge al riguardo, ma nel frattempo è già in programma una sperimentazione del carcere di Padova, all’avanguardia su varie questioni, per questa possibilità. Riguardo i colloqui in privato, con persone verso cui ci sia un legame stabile, è stata proclamata l’incostituzionalità dell’impedimento “per principio” alla sessualità di coppia in carcere, che non deve essere considerata volutamente “parte della pena”, ma, tutt’al più, è effetto collaterale di una sorveglianza più stretta, nei regimi di Massima Sicurezza (41 bis) ed Alta Sicurezza. Nei casi di questi due regimi detentivi, si approfondisce quanto tali situazioni sia logico debbano essere superabili in mancanza di nuovi reati, nel caso si voglia veramente essere aderenti al dettato costituzionale. L’articolo 4 bis, in fatti (che già esisteva in senso aggravato dal 1975, ed in forma addirittura ostativa dal 1992, dopo le stragi di mafia), nel momento in cui destinava a qualcosa di approssimativamente equivalente all’ergastolo “senza condizionale” (per citare un paragone con una situazione con delle analogie, riguardo gli Stati Uniti), è stato dichiarato parzialmente incostituzionale, dopo interventi della Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo (CEDU) e della Corte Costituzionale. Il 4 bis era una sorta di “pilastro”, da cui era derivata la legge del 41 bis dell’ordinamento penitenziario. A differenza che negli Stati Uniti, con condanne senza condizionale, però, i condannati all’ergastolo ostativo in Italia potevano chiedere benefici, ma nei fatti il sistema era “bloccato” di fatto, da continue informative che ipotizzavano, senza prove, la non impossibilità di ripristino di collegamento criminale, a volte solo per il “carisma” visto da altri nelle persone in questioni. Tuttavia, già prima delle pronunce delle più alte Corti d’Italia e d’Europa, in alcuni casi dei Tribunali italiani avevano concesso attenuazioni delle pene, di fronte a possibili collaborazioni “impossibili” con la giustizia, perché altri potevano avere già detto tutto ciò che si poteva, ed in generale per maggiore fiducia in un percorso riabilitativo… Dei “cedimenti”, quindi, rispetto a misure che stava emergendo potessero essere troppo estreme. La CEDU e la Corte Costituzionale (tra 2019 e 2021) ed una legge del Parlamento del 2022, hanno, quindi, messo ordine in situazioni in fermento. Ancora molte le criticità della legge del 2022, che ha inteso in senso molto restrittivo l’apertura ad attenuazioni della pena in caso di non collaborazione con la giustizia per reati contro la sicurezza dello Stato… tuttavia, ormai il cambiamento è iniziato, un principio importantissimo contro l’ostatività obbligatoria è stato ammesso, e naturalmente continua l’impegno di operatori del Diritto e persone della società civile per migliorare in modo più netto la possibilità della riabilitazione dei detenuti, sancita dall’articolo 27 della Costituzione Italiana.
1) Premetto che sei da tempo tra gli avvocati penalisti più competenti riguardo questioni relative alla salute dei detenuti e, in generale, a proposito dell’esecuzione della pena; ecco, ti chiedo: cosa ti ha portata a scegliere questa specializzazione, che è anche una passione? Forse qualche episodio particolare è stato “veicolo” che ha contribuito a questa scelta?
Beh, allora, ti direi assolutamente una casualità: avere collaborato con uno Studio Legale che si occupava di esecuzione della pena, all’inizio proprio della mia professione. All’inizio della mia professione avevo così scoperto una materia che ha delle sfaccettature giuridiche, ma soprattutto umane. Quindi, ho scoperto un mondo che l’Università non insegna, e anzi colgo l’occasione per auspicare collaborazione, che dal punto di vista proprio professionale. Sto cercando, in ogni modo possibile, di collaborare con l’Università di Parma, affinché s’intensifichino e si rendano, se possibile, proprio obbligatori, non solo facoltativi, i corsi legati all’esecuzione pena, perché penso che sia importante che gli studenti stessi maturino questa conoscenza della materia esecutiva della pena, per poi eventualmente affacciarcisi, al limite, nella loro professionale, Quindi, da ogni punto di vista, tutto il mio entusiasmo quando vengo chiamata per seminari presso l’Università, per fare conoscere una materia che non viene minimamente insegnata proprio nella fase degli studi giuridici.
2) Certo, può aiutare l’apertura mentale: un compito di realtà, qualcosa di molto più diretto, benissimo…
Ricordo intanto che segui da tempo il caso di Michele Pepe, a proposito di casi concreti… morto in detenzione in circostanze dolorose e da chiarire meglio; quali le novità dell’udienza del 16 novembre 2023? E cosa sembra prospettarsi, anche in riferimento all’udienza, del primo febbraio 2024? Inoltre, ricordo che un’altra fase del processo è prevista entro il 27 di giugno.
Sì, innanzitutto siamo entrati finalmente nel vivo del processo; le udienze precedenti erano state udienze più che altro dedicate a valutare se e quali fossero le parti del processo; le richieste che avevo formulato io, come responsabili civili, di due organi che ritengo assolutamente indispensabili in questo processo, ovvero, l’Azienda sanitaria…
3) Perché il carcere dipende dall’ASL.
Esatto, quindi la ASL di Parma, da cui dipende direttamente il medico che è stato sottoposto ad indagine prima, e poi rinviato a giudizio, e poi il ministro di Giustizia: ritenevo importante citare come responsabile civile anche il Ministero della Giustizia perché la persona detenuta è sottoposta alla custodia, per la questione della sicurezza, al contenimento della sua pericolosità verso l’esterno, ma anche alla cura da parte del carcere. Quindi il carcere deve garantire delle condizioni tali per cui non si verifichino un aumento del rischio rispetto ai beni fondamentali, come quelli della salute e della vita: quello che si è verificato, a mio parere, nel caso del signor Pepe. Quindi avevamo ottenuto alle udienze precedenti, la non estromissione del Ministero della Giustizia e dell’ASL di Parma: sono effettivamente parte di questo giudizio, come responsabili civili, e dal 16 di novembre abbiamo invece iniziato ad ascoltare i testimoni del pubblico ministero. Diciamo che sono stati ascoltati nelle due udienze tutti i testimoni pubblici ufficiali, che hanno ricevuto al momento dell’arrivo al carcere di Torino la scorta che trasportava il signor Pepe, e i pubblici ufficiali che facevano parte della scorta, ma anche gli agenti semplici che facevano parte della scorta che lo ha accompagnato. In più abbiamo sentito il sanitario della Casa di Reclusione di Torino, che aveva nell’immediatezza accertato il decesso del signor Pepe. Rimarrà alla prossima udienza, che è stata rinviata al 27 di giugno, l’ascolto del personale che aveva accompagnato il signor Pepe: personale che non aveva qualifiche infermieristiche. Personale che aveva accompagnato con l’ambulanza a Torino, che potrebbero fornire elementi per capire come lui stesse durante il trasporto. Perché ci sono sicuramente degli accertamenti da fare, dal momento della partenza da Parma, al momento dell’arrivo a Torino, per comprendere se fosse andato qualcosa storto, oppure se il signor Pepe fosse già partito in condizioni tali da non rendere opportuno questo trasporto. Quindi il 27 di giugno ascolteremo questi accompagnatori, questi barellieri, chiamiamoli così, dell’assistenza pubblica, che avevano aiutato, che avevano coadiuvato gli agenti di scorta. E poi insomma ci saranno delle udienze successive, in particolare l’udienza del 17 di ottobre che sarà dedicata alla fine all’ascolto di tutti i testimoni del pubblico ministero, per cui credo i testimoni fondamentali, cioè appunto i consulenti del pubblico ministero che stabilirono l’esistenza di condizioni di colpa, quindi d’imperizia, imprudenza nella decisione da parte del medico di consentire questo trasferimento a mezzo ambulanza del signor Pepe.
4) Medico che attualmente è l’unico imputato, giusto?
Medico che è l’unico imputato. Originariamente, adesso lo so posso dire, perché adesso il procedimento si è definito, io avevo richiesto di estendere l’imputazione anche ad altri due sanitari, e in particolare al medico di reparto, cioè del reparto nel quale era normalmente allocato il signor Pepe, perché era quello che aveva la conoscenza clinica di più lunga data, e del responsabile sanitario dell’intero carcere, perché ritenevo che fossero due soggetti non esenti da responsabilità. Il pubblico ministero aveva ritenuto di non estendere l’imputazione, pe quindi siamo rimasti solamente con il medico di guardia, così definito dall’organigramma del carcere, ma anche da parte del pubblico ministero: quindi l’ultimo che diede il nulla osta al trasferimento.
5) Dopo questo passaggio molto importante sul caso specifico di Michele Pepe, alla cui ultima udienza era presente anche il garante ora regionale per i detenuti in Emilia-Romagna, Roberto Cavalieri (mentre per Parma specificamente c’era la Valente), passiamo ad una macro questione, più generale… Ricordo inoltre che un po’ più di un anno fa, il 30 dicembre 2022, il Parlamento italiano ha approvato una nuova legge che, da una parte, recepisce le indicazioni della CEDU (Corte Europea dei Diritti Umani) di Strasburgo, sull’ostatività non più automatica in caso di non collaborazione con la giustizia, dall’altra pone paletti abbastanza alti per superare tale ostatività “obbligatoria”: puoi spiegare di più quali siano i chiaroscuri di questa legge? Da una parte si va nella direzione delle più alte Corti d’Europa e d’Italia, dall’altra ci sono criticità, eventualmente migliorabili…
Allora, i primi commenti che mi vengano dalle prime applicazioni sono anche molto personali: la mia esperienza in particolare diciamo non ha visto certamente un’accelerazione negli accessi ai benefici per coloro che vengono inclusi, diciamo, nel famigerato 4 bis riformulato. Questo semplicemente per un motivo pratico: la nuova riformulazione dell’articolo 4 bis prevede una tale quantità di informative da acquisire e di oneri di allegazione a carico del richiedente da rendere tale la situazione…cioè, lo dico in concreto, le informative da acquisire si estendono direttamente alle Direzioni Distrettuali Antimafia, al Comitato di Sicurezza della Prefettura locale, allele forze dell’ordine del luogo dove sono stati commessi i reati, nel quale era l’ultima residenza del condannato. Gli oneri di allegazione poi prevedono delle prove quasi diaboliche, dico io…
6) Cioè lui dovrebbe dimostrare la sua non responsabilità,
Dovrebbe dimostrare la sua non pericolosità…
Quando andrebbe provata l’eventuale pericolosità, e non viceversa…si doveva provare colpevolezza, se c’è, e non innocenza attuale.
E soprattutto si deve provare il non collegamento, ma anche la non possibilità di ripristino dei collegamenti esistenti prima, oltre a dimostrare l’adempimento di tutte le obbligazioni civili e pecuniarie, cioè il pagamento delle spese di giustizia, o la sua impossibilità, per motivi che dovrà poi dimostrare. Insomma, diciamo un po’ una corsa ad ostacoli.
7) Anche perché, se anche uno fosse ancora punto di riferimento per qualcuno, non è detto che lo voglia ancora essere, cioè di deve essere qualcosa di concreto: alle volte si parla di carisma, genericamente…di per sé non è un reato, è per quello che uno è, non per quello che uno fa, che ci sono problemi.
Certo, e infatti la pratica mi ha portata a vedere che tutte le informative che sono state acquisite (io parlo principalmente di permessi premio, di richieste di permessi premio, quindi il primo step, ma anche di liberazione condizionale, o di semi-libertà), tutte le volte in cui mi è capitato in questo anno di attuazione di questa normativa di dover diciamo visionare le istruttorie che erano state acquisite ho trovato, a questo punto ancora più solide, le informative da parte di questi organi che sostanzialmente hanno rimandato la palla al richiedente, cioè hanno dichiarato che a loro avviso, parlo soprattutto delle Direzioni Distrettuali Antimafia, della Direzione Nazionale Antimafia, non era stata data la prova della impossibilità di ripristino dei collegamenti con la criminalità, e che la persona non si può escludere che possa invece ancora essere un punto di riferimento per l’associazione o per il gruppo di appartenenza nel quale erano stati commessi alcuni reati. Dico che la strada è ancora lunga per poter avere dei provvedimenti che effettivamente diano corretta applicazione a questa norma. La norma credo abbia estremizzato quello che era il dettato della Corte Costituzionale: la Corte Costituzionale giustamente aveva stabilito che non debbano esistere nel nostro ordinamento le presunzioni assolute di pericolosità, e abbia fatto riferimento alla necessità di stabilire presunzioni relative, quindi alla possibilità, eventualità, di provare il contrario…ma, quando l’asticella si alza eccessivamente, di fatto si ritorna molto vicino alle presunzioni assolute. Sto combattendo in questo senso: le presunzioni devono essere razionali.
8) Anche per una prospettiva più costituzionale…
Sto combattendo al riguardo. La discrezionalità dei magistrati deve passare attraverso un’ottica di buon senso, soprattutto dopo tanti anni, dove il tempo non è indifferente. Dopo un certo numero di anni pretendere una prova positiva di una mancanza di collegamento è quasi un assurdo giuridico e anche un assurdo logico: dopo trent’anni nessuna associazione ti vorrebbe parte di quell’organigramma, perché non sei più utile.
9) Certo, ma assolutamente uno sarà stato già sostituito, se anche avesse continuato ad esistere quel sodalizio; in alcuni casi non ci sono praticamente neanche più quei sodalizi, e comunque anche per questioni generazionale la situazione non sarà più la stessa. Passando ad un’altra domanda, ti chiedevo qualcosa in più sulla situazione della civiltà del Diritto oggi…ricordo che ci sono state alcune novità molto importanti: definita incostituzionale l’impossibilità di vivere l’affettività anche in senso fisico, quindi, cìoé, un’apertura anche sul tema degli incontri in privato, e quindi anche della sessualità, dove possa esserci, perlomeno negli stati di detenzione non di massima ed alta sicurezza, dove non ci sia grosso allarme su determinate questioni, appunto, di sicurezza; e poi c’è stata anche un’apertura, riguardo la massima sicurezza (41 bis) a colloqui con dei minori, dai 14 anni in su, dai 12 anni, in su: quindi, insomma, alcuni pronunciamenti di principio importanti, e sì, ti volevo chiedere un commento su questo, e magari se volevo aggiungere altro su queste questioni.
Allora, la Corte Costituzionale credo che ci stia dando l’esempio, la manifestazione proprio plastica di come dovrebbe essere interpretata tutta la normativa a corredo dell’ordinamento penitenziario, ma questa pronuncia che poi ha determinato il comunicato stampa del 26 gennaio 2024, quindi la sentenza 10 del 2024, della Corte Costituzionale, è una pronuncia epocale, perché finalmente ha messo nero su bianco il fatto che il mantenimento delle relazioni affettive della persona condannata passa anche attraverso delle relazioni più intime, che debbano necessariamente, non essere osservate a vista, perché i colloqui del detenuto con la persona che ha un legame stabile, quindi non necessariamente il coniuge (potrebbe essere anche il convivente prima della detenzione, o la persona con la quale vi è una stabilità di contatto), ha diritto di esplicare il suo legame affettivo anche attraverso un legame che possa essere intimo. Il punto di principio era fortemente atteso: era tantissimo tempo che era stata sottoposta alla Corte Costituzionale la questione. Il problema (e spero di essere smentita in questo caso sul fatto che possa essere un problema) è che ancora una volta la Corte Costituzionale ha poi demandato, ha dato un suggerimento al legislatore affinché venga poi data attuazione a questo principio, perché dovrà essere ricondotto a una normativa concreta, che stabilisca il come e il quando, cioè quali siano effettivamente le modalità di questo diritto di esplicazione dei colloqui intimi.
10) Quindi ci dovrà essere un intervento parlamentare.
Esatto, un intervento dell’organo legislatore, che stabilisca in quali locali, con quali tempistiche, con quale durata, e soprattutto poi ci dovrà essere un magistrato di sorveglianza, una magistratura di sorveglianza e un’amministrazione penitenziaria che stabiliscano ciò. Soprattutto dovranno esserci amministrazioni penitenziarie che siano attente, che abbiano l’occhio sul condannato, che innanzitutto potrà riferire se quel condannato ha una costanza di rapporti, di legame, perché può essere documentato con il numero dei colloqui visivi, telefonici, o attraverso levideochiamate Skype. E potrà anche riferire quale sia la condotta del detenuto all’interno del carcere, per stabilire quale sia e se via sia effettivamente una sua pericolosità sociale che possa essere di ostacolo allo svolgimento di questi colloqui intimi. Il magistrato di sorveglianza poi sicuramente dovrà intervenire per autorizzare o meno l’esplicazione. E’ chiaro che la premessa di tutto ciò è che la Corte Costituzionale ha stabilito che questi colloqui possano essere autorizzati solo quando non ci siano ragioni di sicurezza o di ordine di disciplina; va da sé che stiamo nell’ambito della discrezionalità più assoluta della Magistratura di Sorveglianza, prima ancora dell’Amministrazione Penitenziaria, che passa ancora una volta attraverso il buon senso; e va altrettanto da séche siano esclusi quei regimi, tra cui il regime differenziato 41 bis, in cui vi è una presunzione di pericolosità e una presunzione di motivi di sicurezza che impongono una limitazione del contatto verso l’esterno. Qui il passaggio non è avvenuto, mentre è avvenuto in modo molto intelligente, con riferimento aicolloqui con i figli e i nipoti, senza il vetro divisorio. Qui devo dire che diciamo era stata anticipata questapronuncia da tutta una serie di determinazioni della Magistratura di Sorveglianza, che in modo intelligente aveva comunque fatto da apripista.
11) Credo ci sia stato anche un sì ai colloqui via Skype, telefonici-visivi, in sostituzione dei colloqui in presenza, quando non possibili, ancora al 41 bis, molto importante. Ne avevamo parlato in passato, anticipando la questione.
Certamente, sulla stessa scorta del principio che ci siano rapporti affettivi che la nostra Costituzione prevede debbano essere conservati anche in fase detentiva, e in questo caso il minore di tenera età, perchésicuramente un minore dodicenne, quattordicenne, è ancora di tenera età: ha una necessità anche personale di mantenere questi rapporti, per non avere uno squilibrio personale. In questi casi, sul piatto della bilancia non c’è solo l’esigenza del condannato, di mantenere il rapporto con il prossimo congiunto, quindi figlio o nipote, e soprattutto di non minare una crescita solida di un figlio o di un nipote, che si sarebbe visto, diciamo, menomato totalmente, in un rapporto filtrato da un vetro, come a suo tempo si era pensato per i bambini molto piccoli, che non possono nemmeno elaborare con il parlato il rapporto con un genitore o a un nonno; è chiaro che un bambino di sei mesi non crea nessun problema di sicurezza, ma ha un unico modo per esprimersi riguardo il proprio legame di affettività, che è proprio quello delcontatto fisico, e quindi l’imposizione di un vetro sarebbe del tutto irrazionale. Tutto questo, a chiosa di quanto detto, passerà ovviamente anche qui, attraverso un’organizzazione penitenziariademandata, l’Amministrazione Penitenziaria, e al magistrato di sorveglianza che funge da organo di vigilanza e di controllo. Per cui, quando l’Amministrazione Penitenziaria dovesse ritenere che certi contatti, con certi colloqui, non sono opportuni, perché vi sono delle ragioni di sicurezza che li rendono,diciamo, pericolosi in quanto tali, può agire di conseguenza. L’eventuale diniego da parte dell’amministrazionepenitenziaria a quel colloquio senza vetro da parte dell’amministrazione penitenziaria potrebbe essere oggetto di reclamo giurisdizionale davanti al magistrato di sorveglianza, che valuterà se il pericolo paventato dall’amministrazione penitenziaria sia effettivo, reale, e comporti quel sacrificio così importante, oppure no.
12) Quantomeno però non è più obbligatorio quel vetro in tutti i casi, automaticamente…
Non è più obbligatorio. Quantomeno non scatta più in senso assoluto, quel “D Day”, che a un certo punto fa cessare il contatto fisico in questi colloqui; la tragedia che hanno vissuto i detenuti del regime differenziato era che, dal momento del compimento del compleanno, al dodicesimo anno, diventava un veto assoluto.
13) Una cosa molto a freddo…
Esatto. In questo caso diventa sempre invece una presunzione di tipo relativo.
14) Comunque un passo avanti, sia pur graduale.
La Corte Costituzionale sta spazzando via tutte le presunzioni assolute che ancora resistevano nel nostro ordinamento, correttamente.
15) Certo, e poi magari un passo avanti ulteriore può essere di superare di più il prorogare indefinitamente la massima sicurezza (il 41 bis), l’alta sicurezza, cioè vagliare meglio, appunto, in un’ottica più globale, quando si possano togliere, e si possa accedere a situazioni più umane, cioè torniamo al discorso di prima, in qualche modo,normalizzare determinate situazioni, dove possibile.
E di valorizzare l’effetto tempo: il tempo non ha un valore in assoluto neutro: è stato più volte riferito che il tempo sia quasi ininfluente, neutro, rispetto a un evento, invece il tempo nella vita umana ha un valore, e protrarre un comportamento corretto per un certo numero di anni non è così semplice, se non c’è una forte volontà rispetto al cambiamento.
16) Certo, in fondo è già una buona condotta, va tenuto conto anche di questo.
Va valutata, in combinata con il tempo, cioè una condotta prolungata nel tempo, e soprattutto l’assenza di comportamenti sentinella.
17) Certo, senza nuovi reati, prorogare senza fine regimi più restrittivi, è un controsenso; si puòvagliare, certamente, si può approfondire, ma in quei casi probabilmente certi regimi certe misure, sono da togliere.
E’quello che è successo con le misure di sicurezza: a un certo punto si è stabilito che la proroga in assoluto, e perpetua, non sia costituzionale, non sia legittima: non c’è il pericoloso per sempre.
Introduzione e quesiti di Antonella Ricciardi