Che i gladiatori diventino poeti!
di Giuseppe Provenzale
Sì, è in atto una nuova lotta di classe de facto tra un’élite di pupari e pupi e il resto. Il resto – questo resto, tutto il resto – siamo noi, tutti noi: un solo grande proletariato a forte rischio, imminente nella sua componente più debole, di sotto proletarizzazione.
E, sia detto per inciso, non uso questa terminologia come prodotto di un’analisi di origine marxista, ma perché sono queste le categorie in gioco, del resto gli stessi termini – proletariato e proletario – nascono nell’antica Roma.
Il popolo, ora, può tornare ad essere comunità di destino perché lo sarebbe di fatto; il guaio è che questo status non lo abbiamo scelto noi, si è trattato, come sappiamo, di un’accelerazione voluta dai pupari, e dagli impresari dell’Opera dei Pupi, trasmessa capillarmente fino ai burattini senza fili (automi?) che sono gli spettatori, tutti seduti in quelle platee che mai abbiamo voluto frequentare.
Ma, bisogna deporre gli arnesi, quei vecchi arnesi che abbiamo rivolto gli uni contro gli altri fino a far male assai, quali gladiatori dentro un’arena… e loro ad osservare gli stabilizzanti effetti della destabilizzazione…
Deponiamo i vecchi arnesi – non voglio dar loro in questo contesto la dignità di armi – ideologici, guardiamo alla necessità di essere rappresentato di quel popolo che, oggetto e vittima della nuova lotta di classe in atto, potrà avere un futuro solo diventando soggetto attivo e consapevole dei propri destini e, dunque, combattendola. Quel popolo che amiamo, che spesso abbiamo amato anche quando ci ha voltato le spalle.
Solo una comunità di popolo potrebbe riuscire nell’impresa; condividiamo il medesimo destino per espressa volontà globalista: credo sia davvero il momento di prenderne atto e deporre i vecchi arnesi. A meno che non si intenda restare – gladiatori contro altri gladiatori – rinchiusi dentro la solita arena, che è sporca del nostro sangue e del sudore quotidiani.
Che i gladiatori diventino poeti, allora! Coloro che fanno, che creano, così come ci suggerisce quel verbo greco antico “pôiein” che, appunto, questo significa.