“La domanda che ci si deve porre è questa: la crisi scoppiata nel 2008 rappresenta una crisi strutturale della globalizzazione oppure una crisi di un momento parossistico di essa? Pur non essendo un economista qualche idea ce l’ho.
Questa crisi non inizia con la fine del comunismo novecentesco, ma dagli anni ’70 e inizio ’80 (Thatcher-Reagan per intenderci), con il passaggio da un modello keynesiano legato dunque al mercato interno e alla sovranità monetaria nazionale, a un capitalismo globalizzato multinazionale in cui gli stati perdono il controllo sulla sovranità monetaria, rendendo impossibili le politiche sociali.
Gli ultimi venti anni io li vedo come una specie di orgia del capitale finanziario mondiale, liberato dalla presenza del comunismo novecentesco e dallo stato keynesiano. Questo ha portato a una finanziarizzazione dell’economia incredibile, il cui effetto principale è il lavoro flessibile e precario normale, la vera novità, perché non tocca più solo i vecchi artigiani, ma riguarda tutti; tutti sono esercito industriale di riserva.
Naturalmente la corporazione universitaria non si è affatto occupata di questo, si è inventata la biopolitica, come se il problema non fosse il lavoro precario, ma il controllo poliziesco, alla Foucault.
Si tratta di un pensiero alla fine del quale risulta che un maestro elementare e un una guardia carceraria sono entrambi agenti della repressione: un altro tradimento dei chierici”.
Costanzo Preve, Apriamo i sigilli, Petite Plaisance, Pistoia, pag. 14