CONTRO IL CAPITALISMO INDIVIDUALISTA, EDIFICARE COMUNITÀ SOLIDARISTE DI UOMINI LIBERI
Ce ne siamo accorti tutti, ormai. Non c’è più un tessuto sociale. Il capitalismo assoluto non ha fatto altro che chiudere le persone dentro casa, schiacciandole davanti ad uno schermo, con il solo potere di utilizzare il pollice per soddisfare tutti i bisogni. E allora si ordina, si vedono i film, ci si isola, proprio come vogliono le elite dominanti.
Ecco perché non possiamo parlare di popolo senza far riferimento alla ri-costruzione di una comunità nazionale. Se ci soffermiamo sul significato della parola «comunità» ci accorgiamo che essa è riconducibile, in definitiva, ad un duplice senso: ciò che è in comune ed essere-in-comune.
Se vogliamo, possiamo considerare ciò che è in comune come l’oggetto materiale del vissuto, la comunità stessa o, più precisamente, tutte le sue componenti che devono essere messe in comune. L’essere-in-comune rappresenta invece la modalità di esistenza del libero individuo che partecipa direttamente, insieme agli altri, a ciò che è in comune.
L’idea del comunitarismo toglie di mezzo qualsiasi visione retró, perché cerca il presupposto umano nelle varie forme di scambio sociale. L’umanità è data dalla consapevolezza che ogni costruzione sociale non si può basare sul profitto per il profitto, ma deve tendere a un benessere inclusivo e non esclusivo.
L’esigenza della comunità è ciò che dovrebbe caratterizzare una politica volta all’emancipazione degli Uomini, rispettando e portando in alto quel complesso di usi, tradizioni, lingue, modi di vivere, modalità di approccio con il territorio che chiamiamo «nazione».
Il sentimento nazionale è la prima scintilla, è il primo abbozzo embrionale che, sebbene oggi sia avvertito solo inconsciamente, permette agli strati popolari di sentirsi parte di qualcosa, di afferire ad una comunità
L’elemento nazionale che è in comune è perfettamente compatibile con la solidarietà internazionale, cioè il rapporto tra comunità nazionali basato sulla solidarietà e l’appoggio reciproco. Costituisce, infine, l’unica difesa che una comunità può opporre alla globalizzazione omologante.
Occorre prestare la massima attenzione all’individuo moderno, anzi l’Uomo, questo atomo sociale non ulteriormente divisibile, protagonista in potenza di una società-comunità.
Il capitalismo reale che stiamo subendo potrebbe essere erroneamente interpretato come l’artefice principale del meccanismo di individualizzazione, ma va considerato come una società costituita da soggetti autonomi.
«Soggetto» è il subjectus latino, cioè la condizione di chi è sottomesso: sottomesso al consumismo capitalistico, all’artificializzazione dei rapporti umani, che diventano rapporti mediati dalle merci. «Autonomo» indica invece l’atomismo e la disgregazione del tessuto sociale.
Il soggetto autonomo può raggiungere diventare individuo libero soltanto se acquista coscienza della propria subordinazione al dominio reale del capitalismo. Con la crisi profonda che stiamo attraversando si potrebbe essere aperta la strada per la nascita dell’essere-in-comune.
Il nostro indirizzo non è quello di recuperare un presunto “spirito comunitario perduto”. Siamo noi in prima persona che dobbiamo sentirci chiamati ad approfittare di ogni possibilità per costruire ed organizzare una comunità umana a partire dai legami sociali che viviamo quotidianamente.