In questi tre anni ne abbiamo sentite tante.
Mille class action, decine e centinaia di denunce, migliaia di querele… ma il regime si è sempre ben autodifeso con i suoi meccanismi.
I suoi rami del potere si sono ben abbracciati e fatto scudo, alla fine della fiera, al di là delle belle frasi ad effetto di tanti “avvocati dissidenti” o “canali telegram” a finire sotto processo o dietro le sbarre sono stati solo i resistenti.
Questo, ad oggi, è un dato oggettivo.
Se domani dovessi essere smentito, sarei solo felice.
L’unica azione giudiziaria che sta a un bivio vero, reale e concreta è quella intentata dal professor Carlo Taormina, oggi Presidente di Italia Libera, contro Conte e Speranza.
L’inchiesta della Procura di Bergamo guidata da Antonio Chiappani sulla mancata chiusura della Zona rossa tra Alzano e Nembro nella primissima ondata di Covid, che è costata migliaia di vite ai cittadini lombardi, con l’ipotesi prima di “epidemia colposa” poi diventata “epidemia colposa per reato omissivo improprio”, a quanto riporta Il Giornale, è chiusa.
“Dovevamo capire perché sul nostro territorio è stato così colpito per primo, dovevamo dare risposte ai troppi morti”, ha spiegato al Tg3 regionale il procuratore capo sabato 18 febbraio.
“È giusto che la gente sappia cos’è successo, ed è quello che abbiamo cercato di fare noi in tre anni d’indagine. Volevamo capire dov’era la criticità e purtroppo ne abbiamo trovate diverse”.
La più importante riguarda il piano pandemico – di competenza esclusiva di Palazzo Chigi – che non è stato aggiornato dal 2006 e che avrebbe potuto salvare molte vite.
Questo secondo filone, aperto a fine settembre 2020 “dopo la scoperta del report indipendente dell’Oms fatto sparire perché inchiodava il premier Giuseppe Conte e il ministro della Salute Roberto Speranza e ritrovato da Robert Lingard, è quello su cui da allora si combatte una battaglia di carte bollate tra Bergamo e Roma, con il pressing dei Pm della Capitale che legittimamente ne vantano la competenza”, si legge su Il Giornale.
Prestissimo, a giorni, “ci sarà l’ennesima riunione in Procura per capire come muoversi e decidere, sembra in via definitiva, sui provvedimenti da notificare.
Nel mirino ci sono una ventina di indagati”, tra i quali Conte e Speranza.
Ora la domanda è: saranno i pm di Bergamo a chiedere il rinvio a giudizio dell’ex premier grillino e del ministro della Salute?
Cosa farà la Procura di Roma quando riceverà gli scatoloni con tutti gli elementi raccolti in questi tre anni, si chiede ancora il Giornale.
Il rischio che finisca nel “porto delle nebbie” e in una mega archiviazione è concreto.
Ma si spera ancora che qualche giudice abbia il coraggio di “portare alla sbarra” Conte e Speranza.
D’altronde l’Italia ancora attende giustizia e verità su quella ché è stata definita stagione pandemica, ma che sarebbe più opportuna definire tirannia sanitaria.