L'Italia Mensile

CHI HA PAURA DI CICCIO FRANCO?

Pino Toscano

Arena dello Stretto.
Il sindaco Giuseppe Falcomatà proprio non riesce ad aggiungere “Ciccio Franco”.

Eppure gli basterebbe ricordare la lezione di suo padre su Piazza del Popolo a proposito dell’Aquila littoria: “La Storia non si cancella, si studia”.

Era il 1997. Italo aveva deciso di ridare decoro a quell’area baraccata e degradata. Rifiutandosi di mandare al macero quel simbolo del ventennio e, anzi, stabilendo di far riparare i danni del tempo. Decisione coraggiosa. La sfida intellettuale, politica e filosofica di un Professore che si definiva “francescano, sì… ma di ferro”.

Fu presa una delibera di giunta e l’Aquila venne affidata a mani esperte per essere risistemata e quindi rimessa al suo posto.

Le cose, però, andarono diversamente.
Da una finestra di Piazza Castello volò verso Palazzo San Giorgio il piccione numero trentasei recante un avviso senza garanzia con l’accusa ridicola di “apologia di fascismo” nei confronti del sindaco che, da quel momento, si ritrovò “sotto scopa” da parte della magistratura.

Naturalmente Italo fu assolto – come le altre trentacinque volte – ma intanto “il cavallo era stanco/ nell’umida sera…”.

Perché come diceva il Professore a proposito del suo partito, il Pd, che passava il tempo a pugnalarlo alle spalle, “una mosca non impensierisce il cavallo, ma cento mosche possono ucciderlo”.

Passarono gli anni e dell’Aquila non si seppe più nulla.

Tornando a coppe: perché Giuseppe non ce la fa a pronunciare quel nome e quel cognome che sembrano due nomi?

Nemmeno sillabando?

Eppure non è difficile: Cic-cio Fran-co.

Dovrebbe almeno provarci: tanto più che l’Arena dello Stretto è parte integrante, e smagliante, del Lungomare intitolato a suo padre.

Cos’è questa ritrosia?
Paura di nominare il capo della Rivolta popolare contro un governo infame, ignorando quella che – comunque la si pensi – fu una pagina storica della vita di Reggio?

Cos’è?
Il timore di essere criticato dai “sinceri democratici” del suo partito?
Di non essere considerato abbastanza antifascista dagli sbandieratori del politicamente corretto?

O forse, ancora peggio, lo fa per convinzione personale?

In questo caso, Signor Sindaco, si ripassi la lezione:
“La storia non si cancella.
Si studia”.

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