Non sono un vaticanista né tanto meno un esperto di questioni teologiche (per la verità non sono esperto di nulla se non nell’esprimere la mia modesta opinione sui fatti del mondo), tuttavia mi sembra doveroso fare alcune brevissime considerazioni sul già Papa e poi “Papa emerito” Joseph Ratzinger, scomparso solo pochi giorni fa.
Ratzinger è un uomo che, come altri della sua età ma anche più giovani (riguarda anche quelli della mia generazione…) si è trovato a vivere a cavallo fra due epoche, ricoprendo incarichi e ruoli di grandissima responsabilità, fino ad essere eletto addirittura Pontefice.
Nella prima fase della sua vita Ratzinger è stato quindi uno dei protagonisti – anche se necessariamente in tono minore rispetto a Wojtila – della crociata anticomunista e antisocialista che ha caratterizzato per quasi tutto il secolo scorso (ma anche prima) la Chiesa fino, appunto, al collasso del blocco sovietico e al crollo del comunismo.
L’anticomunismo e l’antisocialismo della Chiesa si sposavano, oggettivamente e necessariamente, con l’anticomunismo e l’antisocialismo del sistema capitalista (e imperialista).
I due erano quindi, oggettivamente alleati e, in alcune fasi topiche, addirittura simbiotici, pensiamo ad esempio al ruolo svolto dalla Chiesa cattolica nella destabilizzazione del regime comunista in Polonia e poi di tutto il sistema sovietico.
Possiamo anzi dire che la Chiesa cattolica ha fornito per tutta questa fase storica una copertura ideologica fondamentale al sistema capitalista.
Nel periodo che va dalla fine della seconda guerra mondiale al crollo del muro di Berlino, liberalismo e cattolicesimo (ma riguarda, ovviamente, anche le altre confessioni cristiane organizzate con la parziale eccezione di quella ortodossa) sono andati a braccetto proprio in virtù del comune nemico.
(Il Concilio Vaticano II è il “Congresso liberal-capitalista della Chiesa, ndr)
La vis anticomunista e antisocialista non si fermava ovviamente al solo blocco sovietico ma a tutto il mondo.
Ratzinger e Woytila hanno combattuto con egual forza e determinazione tutto ciò che odorasse anche lontanamente di socialismo in tutto il mondo e in particolare in America Latina dove in alcuni contesti il Cristianesimo e in particolare il cattolicesimo (largamente maggioritario in America Latina ancor oggi, nonostante la penetrazione delle Chiese evangeliche nate negli USA) avevano preso strade diverse rispetto a quella della Chiesa di Roma e, in alcuni significativi casi, si erano addirittura alleati con le forze socialiste e marxiste.
(Anche in Irlanda del Nord e nei Paesi Baschi troviamo lo stesso schema. Cattolici e socialisti a braccetto contro l’imperialismo, ndr).
Un’alleanza non solo politica ma anche caratterizzata da una certa vicinanza ideologica.
Anche in questo caso, l’alleanza fra la Chiesa di Roma e il sistema capitalista-imperialista a guida USA è stata oggettiva, al di là delle intenzioni.
Onde per cui, sempre per ragioni oggettive, anche le criminali dittature militari sostenute dagli USA in tutto il continente sudamericano per quasi mezzo secolo hanno goduto del sostegno sia pur tacito ma a volte dichiarato delle gerarchie vaticane.
Volendo e dovendo necessariamente sintetizzare all’inverosimile, qui finisce la prima parte dell’opera di Ratzinger (e Woytila).
Giungiamo, dunque, alla seconda parte, che corrisponde ad un’altra fase storica.
Crollano l’URSS e con essa il movimento comunista nel suo complesso. Ma non solo. Muta radicalmente la struttura del sistema capitalista occidentale (modo di produzione, organizzazione del lavoro, scienza, tecnica e rapporto fra quest’ultima e il capitale, composizione delle classi sociali, ecc.) e di conseguenza muta anche la sua sovrastruttura ideologica e culturale.
Sto parlando del famoso passaggio di consegne, di cui abbiamo parlato tante volte, dal sistema valoriale-ideologico vetero borghese, “Dio, Patria e Famiglia”, al nuovo, cioè all’ideologia neoliberale e politicamente corretta, largamente egemone nel mondo occidentale da almeno un trentennio e più a questa parte, appunto, dal crollo del muro di Berlino (ma il processo è iniziato già negli anni ’60 del secolo scorso) e la conseguente apertura di una nuova fase storica.
Il comunismo non esiste più, la battaglia contro l’ateismo socialista e comunista non ha più nessun senso, il mondo va sempre più verso la globalizzazione capitalista e allo stesso sistema capitalista serve una nuova ideologia/falsa coscienza che possa favorire il suo processo di illimitata e infinita auto-riproduzione e di penetrazione in quelle aree e in quei contesti dove ancora persistono modelli culturali, ideologici e religiosi che potrebbero essergli di ostacolo.
Il vecchio apparato ideologico, “Dio, Patria e Famiglia, di cui la Chiesa era il principale rappresentante, viene dunque a cadere e con esso, il ruolo e la funzione della Chiesa stessa.
E’ qui, in questo snodo, diciamo così, che si apre la crisi interna alla Chiesa e che cominciano a dividersi le strade, cioè le diverse strategie per recuperare quel consenso che la nuova fase storica, il nuovo “spirito dei tempi”, le sta erodendo.
Già Woytila era ovviamente ben consapevole di questa crisi e infatti, a distanza di alcuni anni dal crollo del comunismo, cominciò la sua critica nei confronti del nuovo corso capitalista, che si concretizzò, oltre che in alcuni scritti ed encicliche, anche nella opposizione all’aggressione USA all’Iraq.
Dietro questa critica c’era la consapevolezza della necessità di recuperare un ruolo e trovare una nuova collocazione in un mondo capitalista “materialista volgare”, ultra laicizzato, de-sacralizzato, che ha come “spirito guida” la sola “forma merce”, l’accumulazione di capitale e la tecnica; un mondo che non ha più bisogno delle certezze o dei dogmi della Chiesa (ma neanche della filosofia, ridotta a mero carosello di opinioni, e tanto meno del pensiero critico) e che anzi ha fatto del relativismo assoluto la sua bandiera insieme alla retorica dei diritti civili e politicamente corretta.
Ed è proprio contro questo relativismo assoluto che Ratzinger ha proseguito la critica già iniziata da Woytila.
Ma non ce l’ha fatta, un po’ per ragioni personali (età, condizioni fisiche, mancanza di forze), e un po’ (parecchio) perché ha finito per prevalere l’altra strategia, quella che ha portato al pontificato di Bergoglio.
Quest’ultimo ha sicuramente accentuato rispetto ai suoi predecessori la critica alla struttura del sistema capitalista e in particolare del suo inevitabile e necessario sbocco, cioè l’imperialismo, ma nello stesso tempo ha scelto di avvicinarsi se non addirittura fare sue alcune tematiche dell’ideologia neoliberale e politicamente corretta. In altre parole ha scelto di adeguarsi allo “spirito dei tempi”, con la convinzione che questa scelta possa avvicinare nuovamente la Chiesa alla gente e farle guadagnare o recuperare i consensi perduti.
La critica dei “conservatori”, e quindi anche dei sostenitori di Ratzinger, nei confronti di Francesco, è proprio questa, l’essere cioè venuto meno alla missione storica e spirituale della Chiesa in favore di un’altra sempre più “mondana”, sempre più simile ad una grande istituzione politica e sociale e sempre più lontana da quella che dovrebbe essere la sua vera vocazione, cioè la cura dell’anima e la salvaguardia della Fede.
Come ho già avuto modo di dire in precedenti articoli, con l’attuale pontificato siamo dunque di fronte ad una contraddizione in termini: la critica ad alcuni aspetti strutturali del sistema capitalista (l’imperialismo in primis ma anche lo sfruttamento selvaggio delle risorse umane e dell’ambiente) convive nello stesso tempo con una sorta di cedimento alla sua ideologia.
Possiamo quindi dire, in estrema sintesi e banalizzando all’inverosimile, che Ratzinger (come Wojtila) aderiva politicamente al sistema capitalista ma non ideologicamente. O meglio, ha aderito anche ideologicamente fino a quando quello stesso sistema si declinava secondo i dettami ideologici cari alla Chiesa, per poi mollarlo (ideologicamente e filosoficamente) in un secondo momento.
Esattamente il contrario di Francesco, che aderisce in linea di massima (con tutti i distingui del caso) al nuovo (ormai non più tanto) “spirito dei tempi” ma critica la struttura del sistema che lo ha determinato (cioè che ha determinato la sua sovrastruttura ideologica). Una contraddizione enorme, dal mio punto di vista, di cui non sono in grado di prevedere gli esiti.
Mi rendo conto, e me ne scuso, di aver semplificato e quindi inevitabilmente banalizzato un tema che necessiterebbe di ben altro spazio e competenze.
Fabrizio Marchi