Ecco come 17 settembre scorso la coraggiosa parte anti-globalista della Serbia ha saputo fronteggiare questa nuova tragica incursione “genderista” nella sua capitale, opponendosi con tutto l’orgoglio e la forza della sua millenaria Identità nazionalista e cristiana
Contrariamente a quanto (molto poco) ha fatto il mainstream al soldo del regime, L’Italia Mensile aveva invece già dato sintetica ma pronta notizia degli scontri avvenuti a Belgrado in occasione dell’“Europride 22”, ennesima provocazione che i movimenti Lgbt – forti dei mezzi che la piovra globalista ed i potentati gay gli mettono a disposizione – hanno voluto stavolta portare in uno dei Paesi dove l’identitarismo patrio rimane ancora forte, ovvero in quella Serbia permeata da un Cristianesimo ortodosso, che è stata per secoli in guerra contro l’Impero Ottomano ma che per la vergognosa stampa italiana “fatica ad entrare in Europa” (e per sua fortuna aggiungo).
Sulla questione è bene precisare che il Ministro degli Interni serbo Aleksandar Vulin, aveva opposto giorni prima il suo diniego alla manifestazione stanti i concreti pericoli per l’ordine pubblico che dalla stessa sarebbero derivati, segno evidente che lo stesso Ministro era ben a conoscenza della forte opposizione che moltissimi dei suoi connazionali sanno sollevare contro questi movimenti, che della “fluidità” e del “genderismo” vorrebbero fare un credo universalmente accettato nonché insegnato nelle scuole.
In tale decisione, che nella sciagurata Europa di oggi ha subito sollevato un vespaio di polemiche, il Ministro Vulin è stato affiancato dal Presidente della Repubblica di Serbia, Aleksandar Vucic, il quale ha prima condiviso la decisione ma poi, in un secondo momento e per evidenti ragioni d’opportunismo politico di stampo internazionale, ha lasciato “ponziopilasticamente” il tutto nelle mani del Ministro giustificando ciò con il fatto che si trovava impegnato a gestire l’attuale crisi energetica che investe il suo Paese come il resto del Continente.
E’ stato questo punto che, in soccorso di gay, lesbiche, transgender e chi più ne ha più ne metta, è intervenuta la Primo Ministro Ana Brnabic, un’economista 47enne (dichiaratamente omosessuale) voluta a capo del Governo serbo dallo stesso Vucic, la quale ha subito preso in mano la situazione esautorando il Ministro dell’Interno da ogni altra decisione ed autorizzando senza ulteriori discussioni lo sfilamento della solita carnevalata “gaya” nel centro di Belgrado, assicurando al riguardo uno spiegamento di 5.200 agenti in tenuta anti-sommossa; spiegamento che ha peraltro dichiarato di voler coordinare in prima persona tanto da non poter essere presente con i suoi consimili dello stesso “orientamento sessuale”.
Bene, nonostante il “successo di partecipazione” millantato dalla solita e meschina stampa italiota, dalle foto che chiunque può osservare da internet i “variopinti” e tragicomici partecipanti saranno stati (forse) meno di un migliaio, per contro tale PROVOCAZIONE (perché in Serbia di chiara e smaccata provocazione si è trattato) si sono scatenati disordini tra Polizia e contro-manifestanti che hanno portato a qualcosa come 64 fermi e 10 contusi/feriti tra le Forze dell’Ordine.
Sul dato non credo ci sia ulteriore bisogno di fare un raffronto numerico con i nostri fratelli arrestati all’indomani del 9 Ottobre 2021 per comprendere con quale partecipazione, quale orgoglio e quanta veemenza il Popolo serbo abbia voluto dire NO a questa nuova “esibizione ideologica”, che i più infimi burattini del Globalismo volevano perpetrare in casa loro camuffandosi dietro gli innocenti colori dell’arcobaleno.
Chiaramente il solito mainstream di cui sopra non ha mancato di perpetuare con le ormai quotidiane menzogne per le quali è più che abbondantemente pagato dal Governo italiano (oltre 880 mln. di euro di contributi pubblici nel solo triennio 2019-2021), accusando dei disordini gli ultranazionalisti, i neonazisti ed anche la locale Chiesa ortodossa, realtà che in Serbia senz’altro esisteranno ma delle quali – sempre stando a quanto appare sulle foto che ci propone il tecnocraticissimo Google – non appare traccia concreta.
Da quelle foto scattate il 17 settembre u.s., ovvero lo stesso giorno della manifestazione, si possono infatti notare semplici cittadini normalmente abbigliati che, sì certamente arrabbiati, “impugnano” icone sacre e crocifissi di legno peraltro di piccole dimensioni, e che non credo proprio sia stato possibile usare a mo’ di strumento contundente contro gli squallidi pagliacci in livrea Lgbt.
Per contro non si vede una svastica, non si vede un simbolo runico, non si vede una testa rasata e non si vede neppure una sola bandiera serba tra i contro-manifestanti, nulla di tutto ciò ma tant’è… dobbiamo religiosamente fidarci degli auto-proclamati “professionisti dell’informazione” e delle loro prezzolatissime marchette (pardon… servizi).
Personalmente, nell’apprendere queste notizie, provo sincera invidia per questo Popolo che, seppure provato per decenni del regime dell’infoibatore Tito nonché dalla più recente sanguinosa guerra dei Balcani, trova ancor oggi la forza ed il coraggio per dire NO ai tentacoli del Globalismo tecnocratico parandogli contro la trincea del proprio vigoroso Identitarismo – forse l’ultimo di questa sempre più informe Europa – mentre noi italiani (e sarà senz’altro bene ricordarlo) non abbiamo alzato neppure un sopracciglio allorquando il primo buffonesco “gay pride” qui avvenuto è addirittura arrivato a lambire lo Stato Vaticano mettendo in bella mostra i loro luridi deretani, i loro abbigliamenti da tragici clown e facendosi persino beffe di Crocifissi e Madonne.
Il tutto sotto gli sguardi beoti dei miei concittadini che fino a ieri l’altro ridevano alle battute “omofobe” del grande Tomas Milian (condannato senza appello alla damnatio memoriae in tutte le TV), ma che oggi molto poco sanno ormai scaldarsi e solo per questioni calcistiche.
di Pamela Testa