di Fabio C. Maguire
Le indagini sull’attentato terroristico al Crocus procedono speditamente e il Comitato Investigativo sta valutando tutte le possibili soluzioni per scoprire per conti di chi i quattro terroristi avrebbero eseguito il massacro di innocenti.
L’Occidente, nonostante abbia molte questioni in sospeso, ha sin da subito preso le parti all’Ucraina, escludendo qualsiasi collegamento tra Kiev e gli attentatori di Mosca.
Il Comitato Investigativo, invece, sta vagliando tutte le possibili ipotesi e ha scoperto una preoccupante quanto allarmante correlazione tra i quattro cittadini del Tagikistan arrestati e l’Ucraina.
Seguendo il flusso di denaro e di cripto valute si è scoperto un collegamento tra i servizi segreti ucraini, SBU, e i terroristi.
A disposizione degli inquirenti ci sono ingenti spostamenti di soldi verso i conti degli esecutori dell’attentato e sembrerebbe che le somme inviate non sarebbero quelle precedentemente indicate dai quattro arrestati, che avevano dichiarato di aver ricevuto una remunerazione di circa 500.000 rubli.
Inoltre, le analisi effettuate sui quattro sospettati sembrerebbero aver trovato tracce di farmaci psicotropi che distorcerebbero la percezione della realtà ed eliminerebbero la paura.
Questo a riprova che gli attentatori non avrebbero compiuto il massacro per scopi religiosi o ideologici.
Il Comitato Investigativo non ha per il momento rilasciato ulteriori dichiarazioni.
Attendiamo i prossimi sviluppi che potrebbero portare ad una pericolosa escalation con l’Ucraina se le ipotesi di cui sopra dovessero essere provate oltre ogni ragionevole dubbio.
Probabilmente, in questo caso, sarà da valutare anche la posizione e il ruolo giocato dai servizi segreti americani ed inglesi, CIA e MI6, senza i quali lo SBU, diretto dal criminale Budanov, non potrebbe operare se non addirittura esistere.
Come ultima analisi possiamo affermare con assoluta certezza che l’Ucraina ha già utilizzato metodi terroristici per colpire la Russia negli ultimi due anni di scontri: la tragica scomparsa di Daria Dugina, figlia dell’illustre filosofo russo Aleksander Dugin, e l’attentato al caffè di San Pietroburgo sono paradigmatici in questo senso.