di Fabio C. Maguire
Un gruppo paramilitare ha forzato le frontiere e oltrepassato il confine russo, irrompendo violentemente nella regione di Belgorod.
Il gruppo di sabotaggio e ricognizione, come mostrato da un veicolo aereo senza pilota ucraino, era affiancato e supportato da una pluralità di mezzi pesanti che hanno attraversato il confine e invaso un’area territorialmente profonda solo poche centinai di metri.
Un attacco analogo a quello di Bryansk, dello scorso marzo, rivendicato prontamente da un gruppo armato di partigiani/traditori russi, collaboratori di Kiev, appartenenti alla sigle di Freedom of Russia e al Corpo dei volontari russi.
L’incursione è stata preceduta da una raffica di colpi di mortaio e, secondo diverse valutazioni, dovrebbe avere una funzione puramente dimostrativa, un’azione simbolica volta a distogliere l’attenzione pubblica dalla disfatta ucraina ad Artemovsk, permettendo cosi alla stampa occidentale di rilanciare i successi dell’esercito di Zelensky.
Kiev ha rapidamente negato qualsiasi partecipazione all’operazione, dichiarando, come riporta il sito Suspilne, che tale iniziativa è stata esclusivamente eseguita da sabotatori russi e che le forze militari ucraine sono estranee alla vicenda.
L’operazione terroristica si è sviluppata con l’ingresso di nove veicoli blindati e di altrettanti carri armati che hanno assicurato una sicura infiltrazione nel territorio russo.
Delle piccole località limitrofe sono state assediate e temporaneamente occupate da un cospicuo numero di militari, in un’azione congiunta tra esercito ucraino e neo-nazisti russi pro Kiev.
Le squadre ucraine si sono celermente ritirate dopo l’incursione, lasciandosi alle spalle i fanatici volontari del gruppo “Legione Russa Libera”.
Scontri armati ad alta intensità si sono susseguiti nell’arco di tutta la giornata, con i banditi che si sono inizialmente asserragliati nella Casa della Cultura nel viaggio di Gora-Podol.
I combattimenti hanno richiesto l’intervento dell’artiglieria e di una squadra di elicotteri, questa intervenuta direttamente nella zona degli incidenti.
Le unità nemiche, forti del fattore sorpresa e dotati di veicoli corazzati americani Hummer, hanno raggiunto poi Kozinka, occupando incroci e installando sistemi anti-carro sulle strade.
Il governatore dell’Oblast di Belgorod ha riferito alla stampa che, per il momento, sono quattro le persone ferite, nessuna in pericolo di vita.
Infatti, nel corso dell’attentato, diversi civili sono stati raggiunti da schegge, precisamente due uomini e due donne a Grayvoron.
Nel corso dei combattimenti, sono stati danneggiati anche tre edifici residenziali e nel villaggio di Zamostye una granata ha colpito un asilo, provocando un vasto incendio.
Nel corso dell’operazione i terroristi neri hanno lanciato dei volantini, invitando l’esercito russo ad arrendersi, emulando un’iniziativa promossa dalla Wehrmacht nazista durante la Grande Guerra Patriottica.
I residenti locali si sono rifugiati negli scantinati degli edifici, privati momentaneamente di elettricità ed acqua.
Nel pomeriggio sono state effettuate una serie di operazioni di evacuazione dei residenti delle zone interessate dai combattimenti.
Le autorità russe hanno considerato, in via provvisoria e precauzionale, di evacuare gli abitanti a ridosso del confine ucraino per il tempo strettamente necessario al completamento dell’operazione militare speciale.
Questa idea matura a seguito dei reiterati attacchi missilistici nonché di raid promossi dal regime di Kiev in queste località.
Nel corso dell’operazione si è deciso di introdurre il regime di anti-terrorismo, ossia una legislazione straordinaria che stabilisce misure speciali e restrizioni temporanee, “al fine di garantire la sicurezza dei cittadini nella regione”, ha concluso il capo di Belgorod, Gladkov.
L’azione terroristica era annunciata.
Il presidente ucraino Zelensky aveva in passato svariate volte parlato dell’eventualità di colpire direttamente in territorio russo, in aerea lontane dalla zona di guerra.
Questo piano è stato attuato con il pieno consenso delle leadership occidentali che hanno acconsentito a Kiev di poter attaccare villaggi e depositi russi, in zone lontane dalla linea di fuoco.
L’attacco vuole in primo luogo rinvigorire il morale delle truppe ucraine e dell’opinione pubblica, devastato dopo la recente e umiliante sconfitta ad Artimovosk, costata a Kiev ben 55.000 soldati.
In secondo luogo si vuole creare caos e terrore in Russia, diffondere panico e morte tra i civili russi per destabilizzare l’equilibrio politico-sociale interno della Federazione.
In terzo luogo, Kiev vuole probabilmente portare la guerra nel cuore di Mosca, costringendola a rivisitare i propri piani e ad impegnarsi a spostare intere unità verso il confine russo-ucraino.
Quello che si può affermare con certezza è che, l’azione di sabotaggio posta in essere dai gruppi paramilitari neo-nazisti, è un atto terroristico pianificato e progettato con il sostegno di Kiev e della NATO.
Kiev è un regime terrorista, la sua stessa natura viene confermata dai suoi funzionari che parlano apertamente di omicidi ed esecuzioni di attivisti, intellettuali e politici russi o filo-russi.
Una nota critica deve però riguardare la scarsa e insufficiente presenza di personale militare esperto alla frontiera.
Non è ammissibile che bande di terroristi possano passare liberamente e indisturbati attraverso il confine senza che vengano minimamente controllati e bloccati dalle guardie nazionali.
Lo stesso Comandante della Wagner, Prigozhin, ha domandato dove fossero finiti i militari al momento del passaggio dei sabotatori.
“Ma dov’erano i militari quando il gruppo di sabotaggio è penetrato? Questa è una grande domanda che dovrebbe essere posta alla leadership di un dipartimento militare”.
Con queste parole il capo del gruppo Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha commentato l’incursione in corso nella regione di Belogorod. “Per quanto ne so, il dipartimento militare non si preoccupa di rinforzare i nostri confini, da dove potrebbe arrivare l’esercito ucraino”, afferma Prigozhin in un messaggio via Telegram, “sono obbligati a farlo, è una loro diretta responsabilità. Se non possono attaccare, non è il Ministero dell’Offesa, è il Ministero della Difesa, quindi è loro dovere difendere il Paese”.