Nel mondo del cosiddetto dissenso esistono almeno cinque diverse categorie:
1) I velleitari/movimentisti.
Si tratta di persone di estrazione grillina, refrattari a qualsiasi disciplina di partito, prevalentemente esperti nel terremotare qualsiasi struttura organizzata in grado di contrastare un sistema che domina anche perché disciplinato;
2) Gli astensionisti.
Di norma furbacchioni che cavalcano l’indignazione popolare con parole corrette che conducono pero’ a soluzioni sbagliate. Mentono promettendo rivoluzioni meravigliose in conseguenza della rinuncia ad esercitare i pochi diritti ancora rimasti (a partire dal diritto al voto), ipocriti nel recitare purezza e servire di fatto il potere dominante paralizzando gli scontenti tramite il veleno del disimpegno funzionale alla stabilizzazione degli equilibri esistenti;
3) I delinquenti.
Gente che si è intrufolata nelle proteste per dare sfogo ad una indole sostanzialmente deviata e criminale. Persone che usano le politica per raggirare gli ingenui, parlare dietro compenso, rubare i soldi degli iscritti o rifilare cianfrusaglie e amuleti dopo avere promesso il “risveglio universale”, il “salto quantico” e “l’apertura di una nuova era” dentro una atmosfera in stile “new age” de borgata;
4) I sovranisti in calze a rete.
Sono quelli che muoiono dalla voglia di arrivare da qualche parte ad ogni costo. In prossimità delle elezioni cominciano ad avere un eccesso di salivazione che obnubila i pensieri. Convinti di ragionare in termini di realismo politico (dire opportunismo pare brutto…) sarebbero capaci di sottomettersi pure a Mobutu pur di inseguire il miraggio di una poltrona. È bastato un fischio prima di Paragone e poi di De Luca per farli salire in macchina. Adesso proveranno a rivestirsi;
5) Infine c’è DSP, l’unico fiore forte, pulito e profumato cresciuto in questo grottesco campo di letame.