Un caso di una smisurata sproporzione, la quintessenza degli estremi dei regimi speciali: la vicenda dell’anarchico Alfredo Cospito si rivela un condensato di tutti questi aspetti. Si trova al 41 bis, contro cui è in sciopero della fame da mesi, e rischia l’ergastolo ostativo, pur non avendo ucciso alcuno, e per una strage che non c’è stata, ma per un attentato dimostrativo, che non ha causato morti e nemmeno feriti, che della possibilità ipotetica di strage non aveva neanche la potenzialità.
Alfredo Cospito era stato infatti condannato per un attentato notturno, con ordigni a basso potenziale (uno deflagrato alle 3:05 ed uno alle 3:33), volutamente mentre era deserta, ad una caserma delle forze dell’odine a Fossano (in provincia di Cuneo), nel 2006. Inoltre, Cospito è detenuto anche per la gambizzazione, nel 2012, di un manager dell’Ansaldo Nucleare, Roberto Adinofi, nell’ambito delle proteste anti-nucleari ed ecologiste.
Già in Alta Sicurezza 1 da anni, gli era stato applicato dall’aprile 2022 il regime di massima sicurezza del 41 bis: veniva vista con sospetto la sua collaborazione, in via epistolare, con varie riviste anarchiche. Dall’ottobre 2022, così, Alfredo Cospito rischia la vita, è allo stremo, con uno sciopero della fame ad oltranza contro tale regime estremo, da molti considerato una forma di tortura mentale, e da tempo oggetto di forti contestazioni, intensificatesi negli anni, per le vessazioni gratuite e slegate alla questione della sicurezza che infligge.
Oltre al 41 bis di per sé, notava il suo avvocato, Flavio Rossi Albertini, un aspetto critico è dato anche dal modo in cui viene applicato, non sempre logico, e che ne perde la ratio, che doveva essere solo quella di spezzare eventuali contatti con sodalizi illegali; un esempio, tra i tanti, può essere dato dalle forme estreme di perquisizioni, spesso sistematiche, con denudamento ed “ispezioni” per visionare parti intime, per accertarsi che non si nascondano oggetti non consentiti all’interno del proprio stesso corpo: ciò nonostante un vetro a tutta altezza divida chi sia al 41 bis dai pochi che siano autorizzati ad effettuare visite, e nonostante la Cassazione avesse stabilito che tali perquisizioni dovessero essere eccezioni e non prassi usuale.
Un’altra aberrazione è data dai libri sistematicamente bloccati, nelle spedizioni per i detenuti, perché non ci si prende nei fatti la briga di controllarli, e con il pretesto del rischio di messaggi occulti e sostituzioni di parole, del tutto improbabili…di solito, l’unica possibilità di lettura di libri è usufruire di biblioteche carcerarie poco fornite; eppure, delle autorità che abbiano “paura del libri” sono l’emblema di un “corto circuito”, ed il molti casi è stata denunciata la volontà lucida di distruggere i detenuti, al riguardo.
Uno sciopero della fame, quindi, svoltosi in un silenzio assordante delle varie televisioni, che pure hanno in teoria il dovere di informare; silenzio, che, però, non è stato possibile invece sul web, dove sono invece numerosi gli scritti sul caso e le prese di posizione contro l’accanimento da 41 bis e carcere ostativo, verso una persona che, evidentemente, è ritenuta molto “scomoda”: tra queste, anche quella del democratico (già verde) Luigi Manconi, che ha denunciato, tra l’altro, la condizione di deprivazione sensoriale che questo tipo alienante di regime induce…
Adriano Sofri, poi, aveva scritto, al riguardo, di “mostruosità giuridica, ma anche umana” e di oltranzismo di un sistema, apparentemente anonimo e distratto, che esprime nei fatti compiacimento per la sproporzione, irrazionalità, e nei fatti cattiveria. Sofri ricordava anche che, per una tradizione romana antica, si pensava che Dio togliesse il senno a persone che pensassero di mandare in rovina il proprio prossimo, e lo riportava associandolo alla riflessione sul caso Cospito, in modo eloquente.
Il silenzio televisivo è stato infranto, però, da una serie di drammatiche notizie: in primis, un attentato attribuito ad una matrice anarchica, nei fatti contro cose e che non colpito persone, all’Ambasciata Italiana in Grecia, collegato, almeno in via ipotetica al caso di Cospito, in quanto in precedenza erano apparse sui muri scritte in solidarietà con Alfredo Cospito, e contro il 41 bis, definito tortura.
L’attentato era avvenuto all’indomani dell’udienza del 1 dicembre, con cui l’avvocato di Alfredo Cospito, Flavio Rossi Albertini, aveva chiesto la revoca del 41 bis, al Tribunale con competenza accentrata di Roma: richiesta di revoca respinta il 19 dicembre, nonostante ogni giorno di più le condizioni di salute di Alfredo Cospito siano più fragili. La conferma del “carcere duro”, che una volta si decideva di anno in anno, in caso di reiterazione, questa volta è addirittura per i prossimi quattro anni, poi si vedrà…
Al riguardo, è utile ricordare che già in passato era stata condannata, dalla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo, la tendenza alla continua reiterazione del 41 bis da parte del Tribunale con competenza accentrata di Roma: anche, ad esempio, nel caso dell’ex boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano, ormai non più presente mentalmente e nonostante i pareri favorevoli alla revoca di varie Procure. Si era stabilito, così, che il Tribunale fosse passato al torto, nel regime imposto al già capo-mafia siciliano…
Nel caso di Cospito, non si tratta appunto di un capo-mafia, ma di un militante politico, responsabile di eversione, ma non per il potere, né per soldi, ma per delle idee, degli ideali, e comunque non con l’intenzione di uccidere. “Non sono un sanguinario” aveva affermato infatti Alfredo Cospito, poco prima della sentenza molto attesa e contestata. Numerose, prima e dopo la sentenza, le manifestazioni anarchiche contro il regime di carcere duro, mentre numerose scritte contro il 41 bis, definito tortura, sono apparse in diverse città italiane.
Il caso di Cospito è tragicamente emblematico anche perché, in un periodo storico in cui la Corte Costituzionale ha definito incostituzionale l’ostatività automatica, senza collaborazione con la giustizia, per reati contro la sicurezza dello Stato, la Cassazione aveva invece deciso di giocare la carta del rialzo estremo per la pena di Cospito, considerando il reato “strage contro la personalità interna dello Stato” invece che “strage contro la pubblica incolumità”: nonostante la strage non ci sia stata, l’imputazione è di fatto di “strage”, anche per la tentata strage…e per quanto fosse evidente il carattere dimostrativo di tali attentati.
Si tratta di una normativa la cui impronta deriva dal Codice Rocco, in vigore in epoca fascista, sebbene sia utile ricordare che alcuni aspetti dell’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario risultino perfino più duri dello stesso codice Rocco. La “strage contro la personalità interna dello Stato” non era stata riconosciuta neanche agli assassini veri, di stragi reali, quelle ai danni dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino…
In passato, poi, attentati anche con feriti erano stati puniti con pene inferiori a vent’anni… la vicenda di Alfredo Cospito sta assumendo sempre più un valore emblematico generale, in quanto lui stesso presenta la sua protesta finalizzata all’abolizione di 41 bis ed ostatività per tutti, e non solo per il suo caso specifico; 41 bis ed ostatività che sono considerati da Alfredo Cospito abomini da conoscere ed abolire. In tutta Italia, così, continua, senza sosta, la mobilitazione a favore di Alfredo Cospito, considerato vittima di una sproporzione che tocca la ferocia in ambienti anarchici, ma assolutamente non solo.
Del resto, non è necessario essere anarchici per comprendere l’estrema sproporzione del caso, e che la vita conti più del 41 bis. Molte le persone che hanno iniziato a loro volta scioperi della fame, solidali con Cospito. Ormai in sciopero della fame da più di due mesi, Cospito è tenuto in vita solo da degli integratori alimentari… nel disinteresse di troppa parte della politica, con alcune meritorie eccezioni, tra cui una interrogazione parlamentare rivolta da Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, il giovane tossicodipendente assassinato in carcere, al ministro della Giustizia Nordio.
Non si spengono del tutto, però, delle luci di speranza sul caso: è stato presentato un ricorso in Cassazione contro la conferma del 41 bis e la Corte di Torino ha accolto la richiesta dei legali dell’imputato, che contestano la riformulazione del reato 285 del codice penale, riconoscendo l’attentato in quanto evento di lieve entità, per riproporzionare la pena, in quanto la giustizia è anche proporzione.
La questione è passata poi alla Consulta, cioè alla Corte Costituzionale, per cui la pena potrebbe ridursi ad un periodo tra 21 ed i 24 anni di carcere. Il Tribunale con competenza accentrata di Roma, sul 41 bis, che aveva seguito anche le indicazioni provenienti dal Procuratore Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo (carica attualmente presieduta dal magistrato Giovanni Melillo, già alla guida della Procura di Napoli dal 2017) aveva insistito molto, nella sentenza firmata dai magistrati Federica Altamura e Alessandro Giordano, nelle motivazioni della conferma del 41 bis, sulla pericolosità dell’eversione FAI, cioè della Federazione Anarchica Informale, organizzazione che non riconosce legittimità a determinate istituzioni e si pone contro il capitale; sodalizio auto-organizzato, però, “orizzontale” e non verticistico.
Eppure, è proprio la sistematica, sembrerebbe automatica, reiterazione del 41 bis che a tanti, non solo anarchici, non ispira particolare rispetto verso autorità che non seguano principi orientati dalla legalità costituzionale, allo Stato di Diritto. Piuttosto, è proprio l’infierire verso Alfredo Cospito che può renderlo ancora più popolare, in quanto persona che non si sia inginocchiata, di fronte alla più asimmetrica prova di forza.
Nelle 26 pagine di motivazione della conferma del 41 bis del Tribunale di Sorveglianza, con competenza accentrata su 41 bis, di Roma, non c’è una sola parola sullo sciopero della fame che sta mettendo a repentaglio la vita di Alfredo Cospito; si calca invece l’attenzione sui reati per cui l’uomo è stato condannato, e per altri reati di anarco-insurrezionalisti, anche per i quali Cospito non è stato condannato, ma viene supposto sia un punto di riferimento autorevole; non va dimenticato, però, che la responsabilità pensale sia personale.
E sarebbe proprio una eventuale morte di Cospito a gettare il massimo discredito su un sistema, il cui vero volto appare quello di un ingranaggio più adatto a perpetuare il proprio potere autoreferenziale, che altro. Proprio per scongiurare il rischio di morte per Alfredo Cospito, il cui sciopero della fame non potrà durare ancora a lungo, le manifestazioni della società civile si stanno moltiplicando, in questo dicembre 2022, e già ne sono previste per il gennaio 2023.
Non a caso, “Prima che sia notte” è stata intitolata una delle mobilitazioni non violente promosse per la salvaguardia della vita e di una pena proporzionata e che non sia tortura per Alfredo Cospito, il 27 dicembre: vi hanno aderito, tra gli altri, avvocati, membri dell’associazioni volontaristica e garantistica “Nessuno tocchi Caino”, anche qualche magistrato illuminato (tra cui Gherardo Colombo), il garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma, qualche sacerdote (tra cui don David Maria Riboldi) e tante altre persone, rappresentanti della società civile, affinchè non cada il buio su tali questioni imprescindibili.
Questione che deve essere rischiarata con una luce di giuste conoscenze ed attenzioni, per la tutela dei diritti umani universali.
Antonella Ricciardi