Il leitmotiv che accompagna le nostre vite ormai è quello che con l’aumento della popolazione mondiale, le risorse si faranno sempre più scarse e diventa sempre più urgente ripensare i modelli di produzione e di consumo.
Un “ricordati che devi morire” che giustifica la controversa “dieta per la salute planetaria” pubblicata su Lancet (gennaio 2019) – un progetto triennale compilato da 37 scienziati di 16 Paesi – ha suggerito che il consumo globale di carne rossa deve ridursi della metà.
Le modifiche raccomandate sarebbero particolarmente severe in Europa e negli Stati Uniti: gli europei dovrebbero mangiare il 77% in meno di carne rossa e 15 volte più noci e semi per soddisfare le linee guida, mentre gli americani dovrebbero ridurre la carne rossa dell’84%. Nel breve periodo, un modo ovvio per nutrire miliardi di persone è mangiare più piante coltivate – comprese le alghe, a cominciare dalla spirulina, ricche di vitamine, antiossidanti, acidi grassi omega-3 e proteine – e meno carne animale.
Una dieta a base vegetale ridurrebbe il consumo di terra del 75% e dimezzerebbe i gas serra e altri inquinanti causati dalla produzione alimentare animale. In buona parte ciò è dovuto all’estrema inefficienza dell’alimentazione del bestiame con i cereali: gran parte del loro valore nutritivo si perde nella conversione dalle proteine vegetali alle proteine animali. Il 93% della soia che consumiamo è incorporato nella carne, nei latticini, nelle uova e nei pesci, e gran parte del suo valore nutritiva è persa nella conversione.
Quando la mangiamo direttamente, è necessaria una quantità molto minore per fornire la stessa quantità di proteine. Quindi perché mai, secondo questa teoria, procurare tutto questo dispendio di energie quando si può ottimizzare il tutto con le soluzioni che trovano per noi i nostri legislatori?
Un’altra alternativa alla carne animale è, appunto, il consumo di proteine derivanti dagli insetti. Per allevare insetti serve poca terra e si emette una frazione dei gas serra climalteranti generati da bovini, suini e altri animali allevati in modo intensivo.
Produrre 1 kg di grilli o di cavallette richiede meno di un quinto del mangime che i bovini mangiano per produrre la stessa quantità di proteine attraverso la carne (e meno della metà rispetto ai suini). Un ettaro di terreno produce ogni anno una tonnellata di proteine dalla soia, normalmente usate per sfamare gli animali. La stessa superficie di terreno può produrre 150 tonnellate di proteine dagli insetti che possono essere consumate anche dagli animali (soprattutto dai pesci di allevamento).
Ad esempio, il marchio Purina della Nestlé ha lanciato una linea di alimenti per animali domestici a base di insetti. Gli insetti richiedono molta meno acqua e non hanno bisogno né di antibiotici né di ormoni della crescita. Con il loro ridotto impatto ambientale, inoltre, gli insetti costituiscono una sorta di “super-cibo”, ossia una fonte alimentare ricca di proteine, vitamine B1, B2 e B3, Omega 3 e 6, tutti gli amminoacidi essenziali, oltre a essere un’importante fonte di minerali, come il ferro. Insomma potremmo accontentarci di qualche pillola di insetto e risparmieremmo su tutto ma il problema è sempre lo stesso: siamo esseri umani.
Anche se volessimo mettere da parte il piacere personale di gustare gli alimenti che fanno della dieta mediterranea la migliore al mondo, dunque evidentemente non sono così devastanti per l’uomo (purtroppo questi aspetti nelle ricerche dell’Unione Europea non si sa il perché non sono mai messi in evidenza) ci sono le famose variabili impazzite che mettono i bastoni tra le ruote alla manipolazione in atto; così la sperimentazione di cui l’umanità al momento è vittima deve correre ai ripari su questo o quell’aspetto.
Per quanto riguarda la chitina possiamo stare tranquilli, perché i ricercatori ci dicono che – al limite, forse – il nostro corpo potrebbe arrivare a metabolizzarla e si potrebbe adattare, nella nostra mutazione genetica quindi dovremmo prendere spunto dagli uccelli visto che allo stato attuale sono gli unici che hanno gli insetti come alimentazione di base.
Non possiamo di certo tralasciare le abitudini dei nostri animali, anche per i nostri amici fidati insetti in tutte le salse e nell’ottica del risparmio perché alimentare pastorizia, pesca ed agricoltura dato che si può risolvere tutto con qualche esserino strisciante o saltellante e creare un enorme giro di soldi intorno a tutto questo, riempire le tasche dei soliti burattinai che gridano sempre all’emergenza svuotando sempre più le nostre.
Ovviamente non può certo concludersi nel 2030 la corsa alle emergenze, già si sta lavorando sui prossimi problemi che ci affliggeranno. Come in ogni cosa ci sono i pro e i contro, se non si vuole usare la logica dell’etica e il rispetto per l’essere umano si dovrebbe attuare almeno quella dell’equilibrio per l’autoconservazione della specie ma invece si continua ad occhi chiusi non rispettando neanche questa. Quindi tranquilli, nuove emergenze si preannunciano davanti a noi come ad esempio quella dei sistemi immunitari di questi poveri insetti che non sanno come devono usati prima per “economizzare”.
Il benessere degli insetti, così come la produttività e il tasso di riproduzione dipendono da numerosi fattori. L’alto livello di consanguineità può determinare una riduzione della fitness, ossia la capacità riproduttiva e di sopravvivenza degli individui, dovuta a livelli di variazione genetica sempre più bassi e alla fissazione di geni omozigoti deleteri.
Gli insetti allevati su larga scala, inoltre, a causa dell’elevata densità di popolazione, alte temperature, carenza di nutrienti, scarsa igiene, spazi ridotti e alti tassi di trasmissione di agenti patogeni sono maggiormente soggetti ad attacchi virali, batterici e fungini, che a loro volta possono essere tramessi all’uomo e via con il solito circolo vizioso. Nell’allevamento, gli insetti possono venire in contatto con una moltitudine di entomopatogeni portati dagli operatori stessi o dal substrato utilizzato, per cui è essenziale prevenirli e monitorare la comparsa di eventuali sintomi.
In molti casi però la diagnosi può essere troppo tardiva. Per tutelare il sistema immunitario degli insetti bisogna definire nuove strategie per salvaguardare la salubrità degli allevamenti al fine di renderli più tolleranti a possibili infezioni, ecco che avremo risparmiato sui fertilizzanti ma occorreranno nuove figure per fronteggiare la nuova necessità.
La dimensione del mercato degli insetti commestibili ha superato i 112 milioni di dollari a livello globale nel 2019. Nello stesso anno, nella sola Unione Europea sono state prodotte 6.000 tonnellate di proteine di insetto. Secondo le stime dell’IPIFF (International Platform of Insects for Food and Feed), entro il 2030 saranno prodotte circa 3 milioni di tonnellate di proteine di insetto con un valore di mercato che dovrebbe raggiungere circa i 2 miliardi di euro.
Indipendentemente dalla destinazione finale del prodotto, tutti gli allevamenti massali di insetti devono affrontare alcune criticità. Infatti, il benessere degli insetti, così come la produttività e il tasso di riproduzione dipendono da numerosi fattori quindi si spera che questi nostri piccoli spunti di riflessione possano essere d’aiuto per mettere in guardia sui meccanismi che si sono impadroniti delle nostre vite. Invece di subire il terrorismo psicologico che si è voluto mettere in atto rendiamoci consapevoli di ciò che ci circonda e nel rivendicare i nostri diritti usiamo strategie comuni in modo che si sappia che, anche se il gioco è sporco e fuori dalla portata di ognuno di noi, l’unione fa la forza e così tonti non siamo.
L’anno scorso nel modulo per la mensa scolastica di mia figlia, che va alle elementari, tra gli ingredienti che la bambina non consuma o che non può consumale ho scritto INSETTI a mo’ di provocazione (meglio mettere le mani avanti), quest’anno Italia Libera propone di scrivere su tutti i moduli delle mense che non si intende assumere insetti e farine proteiche. Non avremo tutti i loro mezzi ma abbiamo una grande arma: l’unione del fronte del dissenso unico! Che si sappia che la gente come noi non molla mia prima che ci ritroviamo al bancone del bar a dover scegliere tra un panzerotto alle cavallette e un caffè al Bayon.
Amalia Miranda