L'Italia Mensile

A quando i doveri?

Alessandro Cavallini

Come da antica tradizione, questo afoso agosto è stato all’improvviso reso ancor più caldo da una provocazione politica.
Questa volta il colpevole è stato Antonio Tajani, il plenipotenziario di Forza Italia, che ha deciso di far sue le prime pagine dei quotidiani lanciando la proposta del cosiddetto “ius scholae” a favore degli stranieri minorenni che studiano in Italia.

Per suffragare la sua balzana idea (colpa forse di qualche colpo di sole mal digerito…), si è lanciato addirittura in arditi paragoni storici: “Il modello dell’antica Roma è di una modernità impressionante. Diventare cittadino romano era un sogno per milioni di persone e la legge regolava questo sogno. La grande apertura, senza discorsi di etnia o razza ma restando rigidissimi nella pretesa del rispetto delle regole, è quella che rende una nazione competitiva”.

Partiamo allora con un piccolo ripasso di storia.

Se è vero che la Lex Licinia Mucia aveva concesso lo ius migrandi, cioè la possibilità concessa ai Latini di ottenere la cittadinanza romana tramite migrazione, la stessa fu poi abolita dal Senato poiché era stata la causa principale delle guerre sociali dell’epoca.

Senza scordare che le colonie, sia latine che romane, avevano un diritto specifico completamente differente da quello dei cittadini romani. Poi con Diocleziano, nel III e IV secolo d.C., si giungerà ad un vero e proprio accentramento amministrativo dell’Impero ed ad un’uniformità sostanziale del diritto, ma quello fu proprio l’inizio della decadenza romana, causata fondamentalmente dall’indebolimento della difesa dei propri confini.

Detto questo, siamo poi proprio sicuri che in Italia l’ottenimento della cittadinanza per gli stranieri sia qualcosa di complicato?

Secondo una recente analisi compiuta dalla Fondazione ISMU, nel 2022 all’interno della UE quasi un milione di persone, per la precisione 989940, hanno ottenuto la cittadinanza dello Stato in cui vivono.

Ebbene, la maggior parte di queste nuove cittadinanze è stata concessa proprio dall’Italia, col 22 per cento del totale, seguita da Spagna (18%) e Germania (17%).

Senza scordare che nel nostro paese vige già una sorta di ius soli mitigato.

Ricordiamo infatti che secondo la normativa in vigore, “lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data”.

In altre parole, chi nasce in Italia diventa automaticamente cittadino italiano raggiunta la maggiore età, gli è sufficiente presentare apposita richiesta entro un anno dal compimento della stessa (con termini temporali quindi non certamente restrittivi…).

Senza scordare un altro punto fondamentale.

Come sempre, quando si parla di stranieri, l’accento viene posto solo ed unicamente sui diritti e mai sui doveri.

Ricordiamo allora a Tajani che la cittadinanza, nell’antica Roma, non era un diritto inalienabile ma poteva anche essere persa.
E in quali casi?

In quello più ovvio e banale: quando si subiva una condanna criminale. Ed è proprio qui il punto fondamentale della questione.

Quando si parla di cittadinanza, ci si occupa solo dei diritti e mai dei doveri.

Ottenere lo status di cittadino non dovrebbe essere un automatismo derivante unicamente da anni di residenza o di studio in Italia o, peggio ancora, dall’esser semplicemente nati nel nostro paese.
Lo straniero dovrebbe essere anche sottoposto a dei doveri: in primis quello della conoscenza della lingua, ad oggi non richiesta per chi voglia ottenere la cittadinanza.

Poi una conoscenza di base della nostra storia, delle nostre tradizioni e del dovere di rispettarle e riconoscerle.
Ed infine, come nell’antica Roma, la possibilità di perderla in caso di condanne criminali.

Anzi, quest’ultima dovrebbe essere la questione più importante da sottolineare dato che in Italia, di fronte ad un 8,7% di stranieri residenti nel nostro paese, abbiamo un 31,8% di stranieri detenuti nelle nostre galere, più del triplo.

Per concludere, se proprio vogliamo ridiscutere l’attuale normativa sulla cittadinanza sarebbe necessario farlo partendo col parlare dei doveri corrispondenti per chi aneli a tale status.

In caso contrario, come purtroppo accade quando si affronta questo tema, si tratta solo ed unicamente di propaganda inutile, in quanto tale, a risolvere qualunque tipo di problema. Soprattutto durante un afoso ed infinito agosto come quello di quest’anno.

Speriamo che, con l’arrivo della prima brezza autunnale, le cose possano cambiare.
Anche se nutriamo ben poca speranza al riguardo.

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