Maurizio Neri
Invito a non rassegnarsi, chiaramente rivolto ai dominati oltre che a tutti coloro che hanno subito una grave sconfitta storica (la fine del socialismo reale, rappresentato emblematicamente dall’implosione dell’U.R.S.S.).
Si tratta comunque di una chiara indicazione di classe!
Si sa, le lotte vanno fatte e che, in ogni caso, lo sfruttamento dei dominati è continuo, figuriamoci in una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo!
Sappiamo anche che la prospettiva del sole dell’avvenire non ha alcun fondamento scientifico e dunque occorre liberarsi di idealità ossificate (prima fra tutte l’opposizione destra-sinistra) che favoriscono soltanto le vecchie oligarchie di partito e che impediscono invece alle masse una comprensione del mondo reale.
Un dato è certo però e cioè che i dominati non fanno parte di nessuno dei gruppi di dominanti e la loro esperienza di lotta essi la maturano sostanzialmente nella contrapposizione tra la proprietà privata dei mezzi di produzione e la loro forza o capacità lavorativa e cioè nel conflitto capitale-lavoro, in uno spazio dominato dall’economicismo.
Occorrerebbe dunque un’organizzazione (non trade-unionistica, puramente sindacale) che sapesse trasformare esigenze contingenti in esigenze strategiche, che sapesse passare “dalla fabbrica allo Stato”, come si diceva una volta.
Un terreno di lotta specificamente nazionale, comunitario e socialista sostengo io.
Ma in particolare, in un contesto policentrico, per misurarsi dunque in un contesto internazionale, i dominati potranno far questo, soltanto se forti di una sovranità nazionale indiscussa.
Altrimenti si ridurranno ad essere tifosi di questa o quella geopolitica.
Se sono vere queste mie considerazioni, del resto mutuate da una tradizione di lotta antimperialistica di più di un secolo, e dagli insegnamenti di Lenin, bisogna rendersi conto che, sul piano pratico siamo praticamente all’anno zero.
Dal momento che non esiste alcuna organizzazione dei dominati e anche questi non si sa bene come individuarli nella loro tatalità e coinvolgerli!
Nel senso che non si dispone di una conoscenza dell’attuale stratificazione sociale e di una teoria più puntuale che vada oltre l’utilissima ma anche troppo generica categoria “i dominati”.
Io penso perciò che il momento storico che viviamo, con un Governo più filo atlantico e liberista di sempre, e un’altrettanta opposizione filo atlantica e liberista con sfumature arcobalenanti, un momento in cui lo spazio teorico è ancora occupato in piccola parte dalle vecchie ortodossie e per la più gran parte da teorie di comodo, di subordinazione, offra per ora, ad infime minoranze non rassegnate, oltre alla formazione di Quadri Politici, soltanto la possibilità di adoperarsi a capire cosa sia questa società e non sul come possa essere trasformata.
Questo voglio significare quando sostengo che si tratta di combattere una battaglia culturale e non politica tout curt.
La rivendicazione di una reale sovranità nazionale non credo possa disturbare chi, da sempre, considera l’Italia una colonia statunitense!
Se si parla di ENI da potenziare, subito ci si scandalizza circa una politica di potenza dell’Italia?
La rivendicazione del ruolo delle nazioni in quanto tali riporterebbe in auge il diritto delle nazioni, in un’epoca in cui l’ingerenza umanitaria è stata lo strumento principale dell’imperialismo statunitense per bombardare chiunque, sull’onda del rispetto dei diritti umani, ovviamente a geometria variabile!
I soggetti da coinvolgere sono a mio parere, oltre i partecipanti ai vari conflitti che quotidianamente si portano avanti, le ultime due generazioni (da 20 a 40 anni).
Io credo che oggi si sia in grado di prospettare qualcosa di ragionevole anche per coloro che vivono una vita assai diversa da quella che abbiamo vissuto noi alla loro età.
Il problema non è, per me, stravincere a livello teorico, quanto piuttosto, servendosi di una teoria nuova, riuscire a dare indicazioni di ordine culturale prima ancora che politico, su come stare al mondo, oggi, e scusate se è poco!