Le inaspettate dimissioni della Premier neozelandese Ardern (immediatamente “piante” dalla vergognosa stampa italiana degli Elkann e di Confindustria) in realtà celano una vile fuga dalle sue enormi responsabilità, oltre che mostrare il totale fallimento d’una sciagurata politica d’impronta chiaramente globalista che ha impoverito e diviso una terra meravigliosa
di Pamela Testa
Anche questa è notizia recente, la Primo ministro neozelandese – al secolo Jacinda Ardern – nonché leader del partito laburista ha inaspettatamente rassegnato le dimissioni e, stando alla vergognosa stampa di regime (vedi Corriere della Sera e La Repubblica), l’appena 43enne a capo della Nuova Zelanda ha lasciato il suo incarico perché “sfinita” dai continui insulti sessisti nonché da quelli pervenuti dai no-vax e dai no-global, il tutto corroborato dal miserevole commento del povero Enrico Letta che, oltre a manifestare tutta la sua solidarietà alla “compagna” – si fa per dire – Jacinda, si è al contempo dichiarato come un suo grande ammiratore oltre che a guardare alla sua figura come ad un’autentica fonte d’ispirazione.
Tralasciando le panzane pubblicate su questi giornali che ormai non legge quasi più nessuno e che si reggono ormai in piedi solo a botte di sovvenzioni statali, nonché a stendere un velo di sincera commiserazione sull’ancora capo del PD, magari presto sostituito da una Ardern di casa nostra che nella circostanza risponde al nome dell’inconsistente Elly Schlein (questo tanto per capire di quali “risorse” possa ancora disporre questo partito garante delle élite), la verità che sta dietro a tali inaspettate dimissioni è assai diversa e ci pare opportuno esporla a chi sceglie d’informarsi ben lontano dai pennivendoli al soldo del regime partitico e governativo italiano.
In realtà Jacinda Ardern ha davvero avuto una carriera politica fulminante che l’ha portata ad occupare il posto di responsabilità più alto del suo Paese a soli 37 anni (un record assoluto) il che, in un Paese meraviglioso ancora a misura d’uomo e con soli 5 milioni di abitanti (meno di quanti ne ha il Lazio), con un’economia prima in buona salute ed ottimi rapporti internazionali lasciava presagire un lungo futuro di successi politici.
Questo però alla Ardern evidentemente non bastava, per lei la Nuova Zelanda rimaneva ancora troppo lontana – e non solo geograficamente – dagli attuali rapporti di forza globalisti e così gli è praticamente scoppiata tra le mani la prima deflagrante “bomba”, nello specifico costituita dalla strage di 51 musulmani riuniti in preghiera in una moschea e in un centro islamico della città di Christchurch, una cosa neppure lontanamente immaginabile in un territorio popolato da gente notoriamente tranquilla, laboriosa e che gode di ottimi servizi oltre che di una bassa densità abitativa, in altre parole tutte le premesse per una pacifica e duratura convivenza sociale (d’altro canto i Paesi oceanici sono sempre risultati in testa alle classifiche mondiali sulla qualità della vita).
Che quel massacro compiuto a colpi di fucile mitragliatore sia stato il gesto d’un pazzo criminale – oltretutto nemmeno di nazionalità neozelandese visto che si tratta di un australiano – non possono certamente esistere dubbi, tuttavia quel terribile episodio non andava bollato come l’imprevedibile azione terroristica di un folle odiatore dell’Islam come ha invece fatto la Ardern, bensì considerato come una spia d’allarme nei confronti di un’integrazione tra popoli troppo diversi ma comunque imposta in nome della mondializzazione globalista, che infatti continua tragicamente a far acqua da tutte le parti ed a tutte le latitudini (continente oceanico compreso).
Messa dunque in atto la “damnatio memoriae” del pluriomicida in questione ecco però deflagrare una nuova emergenza costituita dalla pseudo-pandemia da Covid-19, ed all’inflessibile Jacinda dal volto più acido del nome non par vero di allinearsi immediatamente all’imperante “credo globalista” adottato per l’occasione, per questo le sue contromisure volte a contrastare il terribile “morbo” non hanno nulla da invidiare a quelle dei cugini australiani, così ogni manifestazione di dissenso è accolta dalla polizia locale esattamente come avviene in Australia, ovvero a colpi di cariche, manganellate, arresti e denunce a centinaia, nel silenzio totale dei me(r)dia italiani tutti concentrati nel dar prezzolato collaborazionismo alle ancor più infami misure qui perpetrate dal Governo Draghi.
Sul momento, però, i dati dei contagi sembravano dar ragione alla Ardern che nel frattempo viene infatti rieletta con un larghissimo consenso, tanto da farle avventatamente dichiarare che nel suo Paese il Covid era stato sconfitto… peccato per lei che le cose non fossero proprio così visto che l’isolamento della Nuova Zelanda (che infatti è costituita da due grandi isole tra l’oceano Pacifico ed il mare di Tasmania) è abbastanza semplice da preservare soprattutto grazie alla loro rigidissima – nonché preesistente – normativa sugli ingressi degli stranieri.
Dunque gli inutili e dannosi sieri genici sperimentali non solo non hanno protetto i neozelandesi da successive morti e contagi, bensì causato anche laggiù una lunga sequela di effetti avversi tra i “vaccinati”.
Risultato: anche i pacifici “kiwi” (il nomignolo comunemente dato ai neozelandesi) cominciano a scocciarsi di questa spudorata globalista che li governa incontrastata senza ascoltare nessuno, ma che intanto ha affossato la loro economia a colpi di severissimi lockdown, così per tre settimane protestano senza sosta sotto la sede del loro Parlamento a Wellington… tre settimane e non tre ore! (prendere nota)
Già, perché la Primo ministro Ardern non solo NON ha sconfitto il Covid come nessun altro del resto (visto che tutte le pandemie si esauriscono secondo le imprescindibili leggi della natura e non secondo i profitti di BigPharma) ma non ha nemmeno portato avanti i temi sociali che aveva tanto sbandierato come quello del miglioramento dell’offerta abitativa e delle condizioni delle classi sociali più disagiate; già perché ad una globalista del suo calibro interessa di più parlare di legalizzazione dell’eutanasia, di depenalizzazione dell’aborto e persino di tassare gli allevatori di mucche “rei” di avere animali che con le loro emissioni gassose contribuiscono al buco nell’ozono, il tutto sempre appoggiando in pieno una “campagna vaccinale” anti-Covid condotta a tamburo battente finanche nei più sperduti town neozelandesi.
In ragione di tutto ciò voi che dite, qualcuno può anche iniziare a spazientirsi ed a mandare perciò in giro post e meme che sbeffeggiano ed accusano colei che in pochi anni ha trasformato una terra paradisiaca in una sorta d’isolato inferno oceanico, di cui noi dall’altra parte del Globo peraltro sappiamo poco o nulla?
Secondo me assolutamente SI, ma non è certo per questo che Jacinda Kate Laurell Ardern, nata ad Hamilton (NZ) il 26 luglio 1980, ha deciso di lasciare quell’importante poltrona su cui così giovane e tronfia si era seduta e ri-seduta.
Sulla questione non c’è raffronto con questa povera Italia, dove governi fallimentari si alternano da decenni nel portare alla sempre più alla rovina il Belpaese (tanto che la massa beota, inebetita dalla TV e perennemente occupata nella cura del proprio orticello neppure ci bada più) poiché in Nuova Zelanda la situazione, come la consapevolezza della gente, è assai diversa.
Pur facendo parte del Commonwealth di Sua Maestà britannica i neozelandesi una vera e propria dominazione – tantomeno quella yankee – non l’hanno mai veramente conosciuta, per questo c’è senz’altro da sperare che i “kiwi” chiedano presto il conto alla loro ex premier che in quel ruolo c’è stata soprattutto per fare gli interessi del Globalismo e non certo i loro, magari a partire da quella Commissione parlamentare d’inchiesta sul Covid che laggiù è intanto già stata costituita, mentre da noi finora se ne è soltanto cianciato qua e là per far da spot al Governo Meloni (ma con sommessa discrezione, per carità…)
In definitiva nessuno scoramento dovuto a perduranti insulti social, nessun rigurgito machista, sessista e omofobo, nessun correlato prosciugamento di forze; per la Ardern soltanto un opportuno quanto strategico accompagnamento della politica laburista neozelandese verso la porta di servizio e con il caldo augurio di non vederla mai più sui loro scranni che, al contrario di quelli italici, un minimo di dignità e di spirito di servizio sembrano comunque volerli conservare.