di Antonello Cavallotto
Mentre mediatori impotenti concedono tempo alle bombe di perpetuare quella in che Papa Benedetto XV definì “l’inutile strage”, pochi giorni fa si è celebrato, presso la Chiesa austriaca di Santa Maria dell’Anima, il 20° anniversario della commemorazione di Carlo d’Asburgo, ultimo imperatore del Sacro Romano Impero. La cerimonia, magistralmente guidata da Eugenio Cecchin, balivo romano dell’Ordine Teutonico, ha messo in luce la vita e l’opera instancabile di Carlo nella sua ricerca di una pace giusta, subito dopo la sconfitta degli Imperi Centrali.
Carlo d’Asburgo si distinse come un sovrano unico, schierandosi apertamente contro quella che Papa Benedetto XV definì “l’inutile strage”. Le sue virtù e il cammino verso la beatificazione sono stati evocati dal cardinale Dominique Mamberti, mentre gli studiosi presenti hanno offerto nuove prospettive sulle sue innovative politiche diplomatiche e governative per l’Austria-Ungheria.
Significativo è stato l’intervento di Edoardo Lorena d’Asburgo, ambasciatore ungherese presso la Santa Sede, che ha letto passaggi sulle riforme intraprese da Carlo. La cerimonia religiosa è stata officiata dal cardinale Josè Tolentino Mendonca, il quale ha ricordato che Carlo, confinato e morto a Madeira, era noto agli abitanti dell’isola come il “Santo Imperatore”.
La fine di Carlo segna anche la fine di quella “nostra” Europa cristiana, e mi riporta alla mente un libro che, per il pensiero laicista, era considerato quasi eretico: “La Guerra Occulta” di Emmanuel Malynski e Léon De Poncins. L’obiettivo delle potenze dell’Intesa era, infatti, abbattere l’ultima monarchia che si rifaceva al Sacro Romano Impero. Ricordo di aver scritto un tema su questo, ma il mio professore di liceo, in un caso raro non solo nella mia esperienza scolastica, si rifiutò persino di darmi un voto, definendolo semplicemente demente.
Oggi, mentre il mondo affronta conflitti devastanti come quelli in Ucraina e Palestina, dove la pace sembra un concetto svuotato di significato, le parole e le azioni di Carlo d’Asburgo risuonano con particolare urgenza. La sua eredità ci esorta a credere ancora nella possibilità di una convivenza armoniosa e pacifica, ma ci ricorda anche che la vera pace richiede il coraggio di tornare alle radici della nostra civiltà cristiana, sia in campo politico che sociale.