L'Italia Mensile

KEVIN DI NAPOLI

Abbiamo il grande piacere di intervistare l’amico pugile Kevin Di Napoli, atleta promettente con un passato di strada e detenzione che oggi ha la grande possibilità, attraverso il pugilato, di un riscatto sociale profondo.
di Ramona Castellino

L’IM – Ciao Kevin, innanzitutto come stai e come stai vivendo questa nuova fase della tua vita

KDN – Ciao, sto bene, se così si può dire. Fortunatamente mi adatto ad ogni circostanza che la vita mi presenta! Sono quasi più di sei anni che vivo in detenzione le giornate che sono quasi tutte uguali, in una sorta di monotonia, alla quale, con il tempo, ho imparato a convivere

L’IM – Come passi le tue giornate qui nella comunità e quando hai la possibilità di allenarti

KDN – Come ho già detto le giornate sono monotone. Se dovessi fare un esempio, direi che ogni giornata è di 40 ore per capirci! Comunque mi alzo, faccio colazione, mi faccio la doccia, sistemo quel poco che metto in disordine e trascorro il resto del tempo davanti alla TV. Fino al 31 luglio le mie giornate erano molto impegnate, mi allenavo due volte al giorno, ovviamente con l’ autorizzazione del giudice, potevo recarmi in palestra ogni giorno, per un totale di 4 ore di allenamento.
Ma dal giorno in cui mi sono ritrovato nel posto sbagliato, al momento sbagliato in quanto sono stato vittima di una tentata rapina del mio orologio. Al mio rifiuto, sono stato raggiunto da dei colpi di pistola e dal quel momento mi è stato revocato ogni beneficio… quindi mi alleno come posso all’interno della comunità.

L’IM – Sappiamo che hai aperto una palestra ad Ostia, il tuo quartiere. Puoi parlarci di questo tuo progetto, spiegandoci com’è il tuo rapporto con Ostia, con il tuo territorio e con la strada e se e com’è cambiato quest’ultimo nel corso degli anni

KDN – Dopo i tanti sacrifici di mio padre, anche lui un ex campione di pugilato, forse troppo dimenticato e con l’aiuto di mio fratello, la palestra è un sogno che è diventato realtà. Diciamo che di mio c’è ben poco, se non la voglia e il desiderio e sicuramente anche le vetrine, tempestate dei miei ritratti sul ring!!! Il progetto è nato per essere da esempio per tutti quei ragazzi che hanno o stanno sbagliando. Non serve buttare il tempo in strada, ma impegnarlo in una passione, qualunque essa sia.
I corsi che proponiamo sono aperti e adatti a tutti, ci tengo a dirlo. Mio padre ha la pazienza di seguire i bambini che si affacciano ora a questo sport, ma anche persone che sono in età avanzata, non trascurando ovviamente gli agonisti.
Alla tua domanda sul mio rapporto con Ostia mi viene da sorridere. Se torno indietro di qualche anno , ti direi che ero un ragazzino agli occhi di qualcuno, passami il termine, strafottente, sicuro di me stesso, tanto sa salire sul ring con la scritta sulla maglia “im Ostia lido”.
Volevo rappresentare un quartiere, anzi il mio quartiere, già troppo spesso denigrato.

L’IM – Cosa significa per te il pugilato e quali emozioni provi ogniqualvolta sali sul ring per affrontare il tuo avversario

KDN – Sembra la solita frase fatta , ma il pugilato per me è vita, mi ha salvato. Già da bambino, dopo la separazione dei miei genitori, passavo le giornate in palestra per non pensare ai problemi che avevo a casa.
Crescendo, dopo aver intrapreso una strada sbagliata e rinchiuso nelle varie carceri , scaricavo la mia rabbia allenandomi nelle “palestre” interne a disposizione.
Mi chiedi cosa provo ogni volta che salgo sul ring…sono un ragazzo emotivo, anche se non si direbbe. Vivo a pieno tutte le emozioni in quel momento, ma so anche che il pugilato è l’unica cosa che so fare bene nella mia vita e che se non ci fosse la boxe, sono sicuro non saprei fare altro e mi sentirei perso.

L’IM – Pensi che il pugilato possa essere uno strumento di riscatto sociale per te e per i ragazzi che si trovano ad affrontare la tua stesa situazione?

KDN – Penso che il pugilato, come qualsiasi altro sport, siano fondamentali per riscattarsi in una società pronta solo a puntare il dito! Credo che in Italia sia quasi impossibile ripulirsi del tutto, chiunque può sbagliare, ma credo che pagando per i propri errori, poi si debba avere la possibilità di riprovarci, senza essere etichettato. Cosa impossibile per questa società!
La federazione dovrebbe investire di più sui giovani talenti sprecati, senza abbandonarli a loro stessi com’è successo a me.

L’IM – Quanto conta per te l’amicizia e se i tuoi amici ti sono stati vicini in questo percorso di difficoltà e di recupero

KDN – Diciamo che sull’amicizia ho sempre puntato tutto, anzi il più delle volte rimanendo fregato. Ma ho degli amici che c’erano, ci sono e che ci saranno. Nel percorso di redenzione che sto affrontando, ci sono amici come il cantante Tony Effe, che nonostante il suo successo, non mi ha mai voltato le spalle. C’era quando ero detenuto, era presente al mio primo ritorno sul ring, come tanti amici da Artem (Pino di Mare Fuori), Fabrizio Corona, Antonella Mosetti; Mattia faraoni e via dicendo.
Credo che oltre allo sport , l’amicizia, quella vera, sia fondamentale.

L’IM – Cosa pensi del nostro progetto di “palestre popolari” che abbiamo già aperto in quartieri come San Basilio e Pietralata e che abbiamo intenzione di aprire in ogni quartiere di Roma

KDN – Quello delle palestre popolari sia un ottimo progetto, funzionale e soprattutto di aiuto per le tante famiglie in difficoltà oggi. Spero che in futuro, ogni quartiere possa avere una palestra popolare.

L’IM – Sei sempre stato considerato un pugile di grande promesse, notato anche dalla nazionale italiana. Quali sono oggi i tuoi obiettivi per il futuro sia a livello atletico che personali?

KDN – Forse qualche anno fa, ai tempi del mondiale giovanile, da dilettante, ero anche più determinato, non scherzo. Ovviamente gli obiettivi ci sono, sono tanti, ma crescendo qualcosa cambia. Uscito dal carcere , dopo molti anni sono tornato sul ring, conquistando 3 vittorie su 3 incontri.
Prima della sparatoria, il mio procuratore, Davide Buccioni, mi stava organizzando il match per una cintura prestigiosa a Roma, ma purtroppo la fortuna non è mai dalla mia parte.
Spero, pagato il mio conto con la giustizia, di vincere ciò per cui mi preparo fin da bambino.

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