Di Carla Peroni
Giorgio Calcagni,
Angelo Giardina,
Paolo Mariani,
Sergio Vannini,
Joao Rolando,
Lima Martins,
Roberto Conci,
Mohamed El Farhane,
Taoufik Haidar,
Bouzekri Rahimi,
Mohamed Toukabri,
Luigi Coclite,
Domenico Fatigati,
Pierpaolo Bacciu,
Giuseppe Borrelli,
Vincenzo Franchina,
Mario Pisani,
Pavel Petronel Tanase,
Adriano Scandellari,
Paolo Casiraghi,
Alessandro D’Andrea,
Vincenzo Garzillo,
Epifanio Assazia…
Sono solo alcuni dei tanti, troppi morti in Italia per incidenti sul posto di lavoro.
Solo nei primi 7 mesi dell’anno le vittime sono state 577 (fonte INAIL) in aumento del 3,2%
Le chiamano morti bianche, ma di bianco non c’è nulla: sono rosse come il sangue versato, nere come la vergogna di uno Stato che non sa tutelare i suoi cittadini, grigie come le zone in cui operano tante ditte che non applicano le minime norme di sicurezza.
Un arcobaleno oscuro fatto di dolore e sofferenza, per chi muore e per chi resta a piangere i propri cari.
Sono vittime senza volto e senza nome, nella stragrande maggioranza dei casi non saprete mai chi erano perché non esiste neanche un vero registro per onorare il ricordo di chi ha lasciato questo mondo mentre era a lavoro.
Sono sempre operai, tenuti a lavorare spesso in condizioni disumane, spesso ricattati per via della loro condizione socio economica.
Sono persone di ogni età, muoiono i giovani di 18 anni e muoiono i nonni di 76 anni, che a quell’età dovrebbero solo godere dell’amore dei propri nipoti.
In Italia il lavoro uccide.
Si cade sul lavoro come soldati in trincea, basta! noi guerre non ne vogliamo.