di Antonello Cavallotto
Le recenti elezioni in Austria e, seppur locali, in Germania hanno visto una netta affermazione dei partiti definiti “anti-immigrazione”, euroscettici e pro-Russia. I media italiani, in modo superficiale, li hanno liquidati come nostalgici di ideologie nazionaliste e intolleranti, descrivendo il tutto come un pericoloso rigurgito di un passato oscuro. Questa narrativa, però, cela una verità scomoda: il fallimento di un’Unione Europea senza anima né visione, incapace di gestire l’immigrazione irregolare, soprattutto in paesi come l’Austria, dove questa crisi ha esasperato gli elettori.
In Austria, il successo di questi partiti rappresenta un chiaro segnale di richiesta di cambiamento. I cittadini, ormai stanchi di politiche che non tutelano più le comunità locali, hanno risposto con un voto deciso. Sebbene l’era della “Felix Austria” sembri lontana, questo trionfo non può essere ignorato. Continuare a farlo significa chiudere gli occhi di fronte alla crescente insoddisfazione verso un’Europa governata dal Gotha delle istituzioni comunitarie. Consiglio e Commissione europea – vere leve di potere, ma non democraticamente elette – continuano a imporre politiche anti-economiche e ideologiche, in salsa LGBT e green economy, mentre il Parlamento europeo rimane un organismo puramente rappresentativo, svuotato di reale influenza.
Anche in Germania, dove il declino dei socialisti è ormai evidente, l’Alternative für Deutschland (AfD) ha ottenuto successi sorprendenti nelle recenti elezioni regionali, segnando un trionfo per questo partito anti-establishment. Fondato solo undici anni fa, l’AfD è diventato il simbolo del malcontento per una crisi economica sempre più profonda, inasprita dai costi esorbitanti della guerra in Ucraina. L’economia tedesca, storicamente la più forte d’Europa, si trova oggi in ginocchio, subordinata ai diktat di un’establishment guerrafondaio, guidato dall’amministrazione Biden. La Germania ha perfino subito l’umiliazione dell’attentato al gasdotto Nord Stream, imputato agli stessi alleati americani, confermando così l’impotenza di Berlino.
Eppure, i media italiani continuano a minimizzare questi risultati, etichettando la svolta a destra come un pericoloso ritorno all’intolleranza e al nazi-fascismo. Questa disinformazione sistematica serve solo a mascherare il fallimento delle attuali politiche europee e a soffocare il crescente desiderio di cambiamento. La “destra” – un termine distorto e strumentalizzato – è, in realtà, la risposta popolare alla difesa dei valori tradizionali, delle comunità locali e delle identità nazionali, contro un’ideologia globalista che sta alienando i cittadini dai loro stessi Paesi.
L’Europa sta cambiando. Chi continua a ignorare questo mutamento, un segno di liberazione dal giogo anglofono e massonico, resterà volontariamente cieco di fronte ai segnali di libertà che, sempre più forti, attraversano il continente.