Darya Dugina
In primo luogo, la Russia è un impero, non uno stato-nazione. Lo Stato nazionale ha dei confini, è un progetto perché ognuno occupi il proprio posto, ognuno sia al proprio posto. Si tratta, infatti, di un sistema apologetico e di un modello pensato per i vassalli. Questo è un modello per l’esportazione. Qui c’è lo stato nazionale uno, lì c’è lo stato nazionale due, là lo stato nazionale tre. Dopo aver parlato con i nazionalisti russi, mi sono reso conto che con loro non otterremo nulla. Forse avremo una sorta di culto del russo (e questo non è male, perché il russo è già un bene, è eccellente), ma temo che perderemo semplicemente tutto.
Voglio dire, non sopravviveremo. I russi allora verranno massacrati perché il loro progetto di preservare lo Stato nazionale russo è un progetto che, mi sembra, non è molto lontano dall’idea di Mackinder di decolonizzare la Russia. E, a proposito, ci sono prove che i nazionalisti russi sostenessero e fossero particolarmente interessati a legami più stretti con i conservatori americani. Sotto le mentite spoglie di questi conservatori americani, i “compagni” interessati alla decolonizzazione della Russia si sono rivolti a loro e hanno fornito loro sostegno finanziario.
Ma per quanto riguarda questa lezione imperiale, è la Novorossija che ce la insegna. Un notevole esempio della nostra autocoscienza imperiale in questa speciale operazione militare sono stati due casi che mi hanno impressionato moltissimo. Il primo è quando bambini e donne si nascondevano negli scantinati di Mariupol, e dopo aver lasciato gli scantinati hanno raccontato quanto segue. Hanno detto: “Eravamo seduti nel seminterrato e all’improvviso abbiamo sentito ‘Allahu Akbar’ e abbiamo subito capito che i russi stavano finalmente arrivando”. Questo è un esempio di frontiera interamente eurasiatica, un esempio di impero assoluto. L’impero sta arrivando, l’impero “respira”, questo è ciò che hanno sentito queste persone.
Il secondo episodio che mi viene in mente è avvenuto a Lisichansk, quando i nostri guerrieri hanno detto “Lyubo, moccioso, lyubo! Akhmat è potere!” (Hanno unito le parole di una nota canzone tradizionale cosacca che significa “Cari fratelli, cari” con uno slogan ceceno che rende omaggio al leader della Repubblica Akhmat Kadyrov). Le unità cecene e russe, le unità di Donetsk e Lugansk, infatti, hanno forgiato questo detto nella liberata Lisichansk. Questo è ciò che chiamo pensiero imperiale. Di conseguenza, attenersi all’ottica nazionalista russa, dato che ci sono casi in cui i russi non combattono da soli, ma combattono come un’enorme offensiva integrale, ai miei occhi è un crimine e un atto di sabotaggio.
Siamo tutti russi, anche tutte queste persone sono russe. Cioè, qualsiasi pensiero [nazionalista] attuale, un ritorno al nazionalismo russo durante l’operazione militare speciale, in linea di principio, se non è stupidità (e può essere il caso), allora un atto di sabotaggio, soprattutto se si tratta di un atto deliberato e cosciente scelta
(Tratto dalla Conferenza al campo estivo dell’Unione Eurasiatica della Gioventù nell’anno 2022:
SULLA METAFISICA DELLA FRONTIERA di Darya Dugina, dal website geopolitika.ru)
(Fonte
IL BARDO DI DASHA/Бард Даши
https://t.me/ilbardodidasha)