«Il lato apofatico inesprimibile del pensiero, è oltre la comprensione, ma brucia come un fulmine o brucia come un fuoco di palude, aprendo orizzonti, confini dell’essere umano: perché comprendere le idee e salire lungo le linee della contemplazione intellettuale non significa esserne soddisfatti, “chiudere la questione” o “risolvere il problema”, come si dice oggi in termini di business, ma al contrario trovare dimensioni e strati inauditi di esperienza.
Dasha era affascinata dall’apofatismo e dall’apertura dell’universo platonico con le trascendenti profondità degli abissi “sopra” e “sotto”.
Percependo l’Intelletto stesso come un orizzonte, come un frontiera metafisica, l’esperienza del confronto con l’impossibile e l’inesplorato. Questo era l’obiettivo che Dasha cercava di mantenere in sé e nei suoi testi e di trasmettere ai suoi compagni di pensiero l’idea che si debba comprendere il mondo in modo più complesso, bizzarro, raffinato e profondo.
Il mondo occidentale moderno vieta le culture (“cancel culture”), vieta di pensare. Nelle università occidentali, nei dipartimenti di filosofia, interpretazioni e persino generalizzazioni non sono consigliate.
Gli studi filosofici si riducono a ragionamenti su piccoli problemi e particolarità.
L’Occidente moderno insorge contro la propria Storia e Tradizione, in cui si è costruita la verticale Divina e si è venerato l’Intelletto. E si autodistrugge, diventa banale, insensato, perché il ragionamento con cui opera non conosce Dio, non sa nulla del Tutto, dell’Universale, dell’Uno, dell’Eccelso, del Bello e del Bene».
Darya Dugina, “Confini e frontiere”; Postfazione di Natalia Melentyeva (filosofa e mamma di Darya)