L'Italia Mensile

1 MAGGIO: PER NON DIMENTICARE

Maurizio Neri

Come ogni anno mi accingo a ricordare l’eccidio di Portella della Ginestra, in ricordo e rispetto per i morti e i feriti.
L’evento mi tocca personalmente, quel giorno rimasero feriti mio Nonno Pietro Schirò, mia Mamma Rosaria Schirò e mia Zia Giacoma Schirò.
Quest’anno sarà più di un ricordo, perché senza memoria non c’è futuro, ed è bene ricordare!

In memoria e omaggio alle vittime della Strage di Portella della Ginestra del 1 maggio 1947, che sulla scia della tradizione di lotta che affondava le sue radici nella lotta per il pane a Palermo nel 1866 e nei Fasci dei Lavoratori Siciliani di fine ottocento, lottarono per la riforma agraria, per l’emancipazione sociale, per il socialismo, sognando una Sicilia libera dalla mafia e dalle classi dominanti siciliane che opprimevano brutalmente le classi popolari, uccisi dal banditismo con la regia dei servizi segreti statunitensi.

Il Primo Maggio dalla fine dell’Ottocento è ufficialmente ritenuta come la “Festa dei Lavoratori”.

Una festa che ricorda tutte le lotte per i diritti dei lavoratori, originariamente nata per la riduzione della giornata lavorativa, e che da sempre è patrimonio integrante del movimento dei lavoratori e del movimento socialista di tutto il mondo.

La festa affonda le sue radici in un periodo di significative e frequenti manifestazioni per i diritti degli operai delle fabbriche durante l’industrializzazione degli Stati Uniti negli anni sessanta dell’Ottocento che portò all’approvazione a Chicago, in Illinois, la prima legge delle otto ore lavorative giornaliere, una legge che entrò in vigore il 1 maggio 1867.

La notizia giunse anche in Europa, dove nel settembre 1864 fu fondata la “Prima Internazionale” ossia l’Associazione Internazionale dei Lavoratori, espressione dei movimenti socialisti e marxisti dell’epoca.

Il 1 maggio 1886 in occasione del 19° anniversario dell’introduzione della legge in Illinois sulle otto ore lavorative fu deciso dalla Federation of Organized Trades and Laboyr Unions come giorno di scadenza limite per estendere tale legge in tutto il territorio americano, pena uno sciopero generale a oltranza.
In quel giorno ci fu a Chicago uno sciopero generale con una massiccia partecipazione dei lavoratori, la polizia fu chiamata a reprimere l’assembramento, sparò sui manifestanti, uccidendone due e ferendone tanti altri.
Per protestare contro la brutalità della polizia gli anarchici locali organizzarono delle successive manifestazioni il cui culmine fu raggiunto il 4 maggio dove
da una traversa fu lanciata una bomba che provocò la morte di sei poliziotti e il ferimento di altri cinquanta scatenando la violenta repressione della polizia che sparò sui manifestanti, non si seppe mai né il numero delle vittime e né di chi lanciò la bomba.

La notizia degli eventi tragici di Chicago si estesero anche in tutti gli altri stati del continente americano e anche in Europa, questo portò alla dichiarazione del 1 maggio come Festa Internazionale dei Lavoratori dalla Seconda Internazionale al Congresso di Parigi e fu adottata da molti paesi del mondo.

L’eco della sanguinosa repressione di Chicago e dell’assassinio degli esponenti anarchici di Chicago condannati a morte per i fatti del 1886, arrivò anche in Italia dove il popolo livornese si rivoltò prima contro le navi statunitensi ancorate nel porto e poi contro la Questura dove si diceva che si fosse rifugiato il console degli Stati Uniti.

L’Italia già sapeva qualcosa di stragi operaie, il 6 agosto 1863 ci fu la strage di Pietrarsa, nel napoletano, un eccidio compiuto dal Corpo delle Guardie di Città ai danni degli operai delle Officine di Pietrarsa, il maggiore stabilimento siderurgico del Regno delle Due Sicilie e, in connessione con le Reali ferriere ad Officine di Mongiana costituirono il più importante polo industriale dello Stato.
A seguito dell’unificazione italiana che per il Sud Italia fu piuttosto un’annessione e un’estensione dello stato piemontese, il nuovo governo italiano per favorire lo sviluppo dello stabilimento di Sampierdarena a Genova, concesse in affitto lo stabilimento di Pietrarsa alla ditta costituita da Iacopo Bozza che comportò la riduzione progressiva dei posti di lavoro.

In conseguenza di ciò lo stabilimento fu interessato da un’ondata di scioperi da parte degli operai che portò alla sanguinosa repressione del 6 agosto 1863 da parte dei bersaglieri, che portò alla morte di 4 operai e 17 feriti.

La decisione in Europa in merito alla festività del 1 maggio, ufficializzata dai delegati socialisti della Seconda Internazionale riuniti a nel 1889, fu ratificata in Italia soltanto due anni dopo.

La rivista La Rivendicazione, pubblicata a Forlì, cominciava così l’articolo per il 1 maggio, uscito il 26 aprile 1890: «Il primo maggio è come parola magica che corre di bocca in bocca, che rallegra gli animi di tutti i lavoratori del mondo, è parola d’ordine che si scambia fra quanti si interessano al proprio miglioramento».

Pian piano nei paesi europei il 1 maggio fu adottato come giornata di Festa dei Lavoratori e un manifesto sovietico del 1919 alludendo al 1 maggio scrisse “i lavoratori non hanno altro da perdere che le loro catene…” con l’immagine della bandiera rossa issata sulla Russia che circondava l’intero mondo che faceva
da sfondo a una massa dei lavoratori, dove vi era uno con una maglietta rossa in piedi a indicare il futuro agli altri.

Durante il ventennio fascista, a partire dal 1924, la celebrazione fu anticipata al 21 aprile, in coincidenza con il Natale di Roma, divenendo per la prima volta giorno festivo con la denominazione Natale di Roma – Festa del lavoro.
Fu poi riportata al primo maggio dopo la fine del conflitto mondiale, nel 1945, mantenendo lo status di giorno festivo.

La Sicilia in tutto l’Ottocento era interessata da cicliche rivolte per l’indipendenza prima contro il governo borbonico e successivamente contro il governo italiano con la “Rivolta del sette e mezzo” a Palermo avvenuta tra il 16 e 22 settembre 1866 contro il nuovo governo piemontese. Così come alla fine dell’Ottocento i braccianti agricoli, proletariato urbano, solfatari, lavoratori della marineria e operai diedero vita al Fascio dei Lavoratori Siciliani per protestare contro le grandi proprietà terriere, la povertà, il bestiale sfruttamento e le condizioni miserevoli di operai e solfatari e contro lo Stato italiano che appoggiava apertamente le classi benestanti e teneva la Sicilia in condizioni coloniali.

L’esperienza dei Fasci dei Lavoratori Siciliani duramente repressi dal governo italiano fu da esempio per la fondazione dei sindacati in Italia e diede vita alla tradizione socialista largamente presente nell’isola.
E dopo la fine del regime fascista e l’occupazione alleata, l’isola era interessata da tensioni sociali di problematiche mai risolte, prima con la lotta indipendentista del MIS (Movimento Indipendentista Siciliano) che portò alla concessione di una larga autonomia (largamente inapplicata) alla Sicilia da parte dello stato italiano e poi con le lotte sociali per la riforma agraria che rinforzarono il Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano che sostennero le lotte dei mezzadri in Sicilia, Toscana e Umbria, lotte che furono sostenute anche dalle riforme del Ministro dell’Agricoltura, il comunista Fausto Gallo.

Circa duemila i lavoratori della zona di Piana degli Albanesi, e altri da San Giuseppe Jato e San Cipirello, molti dei quali agricoltori, si erano riuniti a Portella della Ginestra, una località montana del comune di Piana degli Albanesi, nella vallata circoscritta dai monti Kumeta e Maja e Pelavet, a pochi km da Palermo, per manifestare contro il latifondismo a favore dell’occupazione delle terre incolte e festeggiare la recente vittoria del Blocco del Popolo svoltesi il 20 aprile di quell’anno alle Elezioni per il Parlamento Siciliano e nelle quali la coalizione PSI-PCI aveva conquistato 29 rappresentanti su 90 (con il 32% circa dei voti) contro i 21 della DC (crollata al 20% circa).

La località fu scelta perché alcuni decenni prima vi aveva tenuto alcuni discorsi Nicola Barbato, una delle figure simbolo del socialismo siciliano.

In quel periodo le condizioni di vita del popolo erano molto misere e, come poi raccontato da alcuni sopravvissuti alla strage, molti avevano aderito alla manifestazione anche nella speranza di mangiare qualcosa.

La manifestazione era incentrata sulla sperata riforma agraria ed era stata preceduta nell’ottobre del 1944 dall’occupazione delle terre incolte che venne legalizzata dal Ministro dell’Agricoltura Fausto Gullo, che cercava così di sopperire alla povertà diffusa, il quale con alcuni decreti permise l’occupazione dei terreni non utilizzati imponendo una diversa ripartizione dei raccolti che favoriva maggiormente gli agricoltori rispetto ai proprietari rispetto alle consuetudini fino ad allora vigenti in Sicilia e che venne visto come motivo di potenziale rivolgimento sociale che avrebbe alterato gli equilibri politici della regione gestiti anche dalla mafia.

La banda di Salvatore Giuliano, con la regia dei servizi segreti inglesi e statunitensi, si recò insieme ai suoi uomini, sul promontorio dal quale si dominava la vallata; durante il tragitto sequestrarono due ignari cacciatori che avevano incrociato per caso per evitare che potessero raccontare qualcosa.

Verso le 10 del mattino, un calzolaio di San Giuseppe Jato diede inizio al comizio in sostituzione di Girolamo Li Causi, un deputato del Pci quando improvvisamente dal monte Pelavet partirono sulla folla in festa numerose raffiche di mitra, che si protrassero per circa un quarto d’ora e lasciarono sul terreno undici morti (otto adulti e tre bambini) e ventisette feriti, di cui alcuni morirono in seguito per le ferite riportate.

I primi colpi erano stati inizialmente scambiati per dei mortaretti, ma anche quando ci si rese conto della loro reale natura, la mancanza di ripari impedì a molti di mettersi in salvo.

Una ricerca promossa e realizzata negli ultimi anni da Nicola Tranfaglia, dal ricercatore indipendente Mario J. Cereghino e dal prof. Giuseppe Casarrubea ha analizzato i rapporti desecretati dell’OSS e del CIC (i servizi segreti statunitensi della Seconda guerra mondiale), che provano l’esistenza di un patto scellerato in Sicilia tra la cosiddetta “banda Giuliano” e elementi già nel fascismo di Salò (in primis, la Decima Mas di Junio Valerio Borghese e la rete eversiva del principe Pignatelli nel meridione).

Nel mese successivo alla strage di Portella della Ginestra, avvennero attentati con mitra e bombe a mano contro le sedi del PCI di Monreale, Carini, Cinisi, Terrasini, Borgetto, Partinico, San Giuseppe Jato e San Cipirello, provocando in tutto un morto e numerosi feriti: sui luoghi degli attentati vennero lasciati dei volantini firmati dal bandito Salvatore Giuliano che incitavano la popolazione a ribellarsi al comunismo.
La strage di Portella di Ginestra fu parte di un grande piano dove mafia, massoneria, latifondisti e servizi segreti statunitensi reagirono violentemente alle istanze di rinnovamento dei nuovi soggetti politici per garantire il mantenimento dello status quo, sfruttando la fama del bandito Giuliano che si ritrovò a essere solo una pedina all’interno di una macchinazione molto più complessa di quello che poteva immaginare.

La strage di Portella della Ginestra il Primo maggio del 1947 fece parte della cosiddetta “crisi di maggio del 1947” dove i partiti comunisti furono cacciati dai vari governi di Italia, Francia, Belgio, Lussemburgo a seguito dell’intensificarsi delle tensioni internazionali tra Stati Uniti e Unione Sovietica che portò alla nascita della Guerra Fredda e l’eccidio diede vita in Sicilia che diede vita a un lungo e buio periodo, che possiamo chiamare “Terrore Bianco” caratterizzato dal dominio politico della Democrazia Cristiana, espressione del dominio sociale ed economico della Mafia e i conseguenti assassini di numerosi sindacalisti, ed esponenti comunisti e socialisti siciliani e di chi portava avanti istanze di cambiamento sociale in Sicilia.

Il Primo Maggio in Unione Sovietica, nei paesi socialisti e ancora tutt’oggi a Cuba, in Cina e nella Corea Popolare era tra le più importanti festività socialiste con le annuali e oceaniche manifestazioni dei lavoratori per le strade delle città dei paesi socialisti e per un quarantennio abbondante ha rappresentato un momento di aggregazioni, di partecipate manifestazioni in Occidente per i sindacati, partiti e movimenti socialisti e comunisti e dove si celebrarono negli anni settanta anche le vittorie dei movimenti di liberazione nazionale.

Passò alla storia il titolo de “L’Unità” quotidiano del PCI “La Vittoria del Vietnam illumina il Primo Maggio” celebrante la Liberazione di Saigon, città che poi venne ribattezzata Ho Chi Minh, il 30 aprile 1975.

Così come il 25 aprile 1974 la Rivoluzione di Aprile in Portogallo, colpo di stato militare che pose fine alla quasi cinquantennale dittatura clerico-reazionaria portoghese di Salazar prima e Marcelo Caetano poi, la Festa dei Lavoratori venne celebrata per la prima volta legalmente, con la riunione a Lisbona di circa un milione di persone, che attrasse anche molti giovani socialisti e comunisti provenienti da tutta Europa, dando vita in Portogallo a un periodo di lotte sociali e dei diritti dei lavoratori con lo scopo di instaurare il socialismo in Portogallo.

Oggi il Primo Maggio è una festività che, aldilà dei valori, della storia e della tradizione è sottoposto a una pesante svalutazione, è stato trasformato da giorno di lotta a un grande evento musicale, vedi il concertone, sponsorizzato da aziende, che rappresenta un vero e proprio circo mediatico con la solita presenza di guitti, menestrelli e ballerine convocati per l’occasione dove viene veicolato tutto il conformismo e i valori neoliberisti del sistema, di fronte a una massa di giovani presenti unicamente per un gratuito divertimento, fregandosene del reale significato del Primo Maggio, tutto questo mentre i lavoratori con sempre meno diritti e col Governo Meloni che ha pensato bene di abolire il Reddito di Cittadinanza che permetteva a centinaia di migliaia di persone di sopravvivere, e il Decreto Dignità, che metteva un limite ai contratti a tempo determinato, continuano a morire come mosche ogni giorno sul posto di lavoro.
Un evento il concertone, organizzato dalla CGIL-CISL E UIL con la Cgil che recentemente si è fatta fotografare con le bandiere ucraine davanti alla Casa dei Sindacati di Odessa dove il 2 maggio 2014 i neonazisti sostenitori del regime appena insediatosi a Kiev hanno bruciato e massacrato almeno 42 sindacalisti russofoni, dove Ambra Angiolini si fa fotografare con il pullover da 350 euro con i colori della bandiera ucraina.

CGIL e Ambra Angiolini che portano solidarietà a un paese dove la Festa dei Lavoratori è stata messa al bando in quanto “eredità del periodo sovietico”.

Sta a noi far riacquisire i reali valori e il significato di lotta dei lavoratori al Primo Maggio, rimasto intatto nel resto del mondo, al di fuori del “giardino europeo” come disse Borrell, fatto di imperialismo, saccheggio delle ricchezze di altri popoli, neoliberismo, non solo per riaffermare i valori della lotta dei lavoratori e del socialismo ma anche come una forma di rispetto e omaggio per tutti i lavoratori e lavoratrici che hanno sacrificato la propria vita proprio per questi valori, come i morti di Portella della Ginestra!

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